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Hokkaid? - I

Diario di viaggio nell'isola più selvaggia del Giappone
28 Marzo 2020

 

Giorno 1° / Chitose

 

Ci troviamo all’aeroporto di Chitose: Vittoria arriva dal caos cosmopolita di T?ky?, io dal placido tran-tran estivo di K?be, entrambe scappate alla tipica afa estiva del Honsh? e i suoi 40 gradi. Salutateci dopo tanto tempo lontane, ci dirigiamo al banco noleggio per le auto - primo step fondamentale nella nostra scoperta del Grande Nord giapponese - dove un autista ci attende per portarci al punto pick-up macchine. Finalmente in possesso del nostro mezzo di trasporto per questi nove giorni, Vittoria sperimenta i suoi primi 15 minuti di guida “all’inglese” che ci portano al nostro primo hotel: il Route Inn Chitose Ekimae. Siamo da neppure un’ora e mezza a Chitose, ma l’aria fresca e la voglia di esplorare ci spingono ad uscire. Per puro caso è anche ora di cena e ne approfittiamo per mettere la prima spunta al nostro elenco di leccornie da provare. A soli 5 minuti a piedi dall’hotel, infatti, troviamo il Namaramu Mongoru, un ristorantino specializzato in jingisukan (traslitterazione giapponese di “Genghis Khan”): un barbeque di carne di montone e verdure, un piatto tipico della regione ma di origini mongole, come si evince dal nome.

 

Primo piatto assaggiato, il jinjisukan, di origine mongola - Archivio Fotografico Pianeta Gaia

 

I proprietari ci invitano a sedere al bancone dove ci fanno scegliere tra differenti tagli di carne, tipi di funghi e verdure. Afferrato che, oltre all’ottimo yakiniku, mastichiamo un po’ di giapponese, un’anziana signora affianco ci consiglia qualche fungo da scegliere e cominciamo a chiacchierare. Il sapore ricco e gustoso di questo piatto - che tanto parla di freddo e inverno -; l’accoglienza e il calore del Namaramu ci conquistano, battezzando il nostro viaggio sotto il migliore degli auspici. Dopo un piccolo giro per assaporare la ritrovata frescura (19 gradi ad agosto), torniamo in hotel e ci concediamo un bagno rilassante nella grande vasca comune a disposizione degli ospiti. Ristorate e rilassate, andiamo a dormire. Ci aspetta un lungo viaggio fino alla nostra seconda tappa: il Parco Nazionale di Akan.

 

Un altra pietanza adatta al clima invernale: lo yakiniku - Archivio Fotografico Pianeta Gaia

 

Giorno 2° / Chitose/ Lago Kussharo

La sveglia suona alle 7, ci prepariamo e scendiamo per la colazione a buffet in stile giapponese. Il tipico riso bianco o il kayu (porridge di riso) possono essere accompagnati da svariati contorni, da salmone alla griglia, alle uova, fino al natto (soia fermentata). Rifocillate, siamo pronte alla volta del Lago Kussharo. Lungo i 317 km del nostro viaggio sulla statale E38, attraversiamo gli sconfinati spazi verdi del nord del Giappone. Lunghe distese di verde si susseguono a campi arati e qualche sparuta casa, la strada si snoda solitaria davanti a noi. Alle 11, dopo tre ore e mezza di strada, decidiamo di fermarci per un primo pit-stop ad un’area di sosta vicino Shimizu. Nella zona di sosta è possibile comprare prodotti locali, da snack a piccoli souvenir, o fermarsi per mangiare qualcosa. Noi optiamo per uno yogurt da bere di produzione locale (245¥) che viene portato insieme a del sobacha (un infuso di grano saraceno) compreso nel servizio. Dopo Shimizu il bel tempo ha lasciato il posto a una nebbiolina, sempre più fitta, intervallata a sprazzi di pioggia. Se il tempo non ci ha permesso di ammirare il panorama, la foschia ha avvolto la natura tutt'intorno di un nuovo fascino.

 

Colazione con il kayu, uova e riso fermentato - Archivio Fotografico Pianeta Gaia

 

Alle 14 decidiamo di fermarci per pranzo ad Ashori, dove proviamo del ramen e un soft-cream, un gelato prodotto con il latte locale, considerato uno dei migliori in Giappone. Dopo un piccolo rifornimento d’acqua e snack al drugstore, ci rimettiamo in marcia alle 15:30. Alle 17:30, arriviamo finalmente al Kinkiyu Hotel, il nostro ryokan. Nonostante nell’aria alleggi il penetrante odore di zolfo delle acque termali, l’albergo emana un’aura di raffinata eleganza d’altri tempi e lo staff ci colpisce per cordialità e cortesia fin dal nostro ingresso. Alla domanda della concierge optiamo per dormire sui futon, che verranno preparati per noi durante la cena servita in albergo (tra le 18:00 e le 19:30), ma per i meno avvezzi è disponibile anche il letto all’occidentale. Gustato un tè verde offerto dall’hotel e smaltita la fatica del viaggio, indossiamo lo yukata messo a disposizione agli ospiti e andiamo a cena. Il banchetto che ci aspetta è di una sontuosità senza pari e ogni boccone conferma quello precedente sulla qualità della cucina: nabemono (uno stufato tipico della cucina giapponese), sashimi, tofu, spiedini di carne, riso, fino ad un buffet di dolci - anche se questi ultimi non all’altezza delle portate principali. Finalmente satolle, possiamo provare il rotenburo (la vasca esterna) dell’hotel. Poco affolato e molto intimo, la vasca è una piccola oasi di pace solo per noi. L’aria fresca della sera contrasta i quaranta gradi dell’acqua, permettendo di godersi il relax qualche altro minuto. Bonus aggiunto: nessun problema per noi tatuati!

 

Niente di meglio di un ramen caldo per scrollarsi di dosso la nebbia dell'Hokkaido - Archivio Fotografico Pianeta Gaia

 

Giorno 3° / Lago Kussharo/ Abashiri

Alle 7:30, la cucina del Kinkiyu continua a non deluderci; la colazione è un buffet dalla scelta varia e la qualità impeccabile, con  dashimaki (frittate d’uovo arrotolate) fatte sul momento e uova bollite nell’acqua termale. Alle 8:30 saliamo in macchina per visitare il vicino Lago Mash?, purtroppo la nebbia ancora una volta ci impedisce di scorgere il panorama oltre un palmo dal nostro naso. Senza perderci d’animo, continuiamo la nostra uscita dirigendoci verso Wakoto e il Museo del Folklore Ainu, la popolazione indigena dell’Hokkaid?. All’interno del Museo è possibile conoscere le origini e la storia di questa etnia e provare alcuni dei loro abiti tradizionali. Una leggera pioggia ci accompagna a sprazzi verso la nostra destinazione successiva: le rive del lago vulcanico Kussharo e la penisola di Wakoto, la perfetta meta per gli amanti del trekking e dell’immersione nella natura.

 

Una fumarola vicino al Lago Kussharo - Archivio Fotografico Pianeta Gaia

 

Alle 14, prima di immergerci nel verde e praticare un po’ di shinrinyoku (lett. “bagno nella foresta”), mangiamo un butadon, degli udon con carne di maiale tipici dell’Hokkaid?, in un baracchino gestito da due vecchietti. Il piatto è semplice e rustico, ma è quello che ci serve per riscaldarci e affrontare la pioggia. Entriamo nel circuito di trekking della penisola di Wakoto e seguiamo il sentiero per un’ora circa, osservando caldere e il lago. Torniamo al baracchino per un caffè caldo e degli imomochi (mochi di patata) fatti sul momento dalla vecchia signora, che ci saluta con un sorriso. Alle 16:30, ripartiamo alla volta di Abashiri, la punta nord-est dell’Hokkaid?. Nonostante il maltempo, sfidiamo la sorte e prendiamo il percorso panoramico del passo Bihoro, ma ancora una volta ci attende solo un mare di nebbia punteggiato di verde. Due ore dopo, arriviamo al Route Inn di Abashiri, la stessa catena di hotel che ci aveva ospitato la prima notte di viaggio. Alle 20, ci avventuriamo per assaporare l’Abashiri Moyoro Nabe al ristorante “Hana no Ren. Lo stufato di pesce, frutti di mare e granchio tipico di questa città portuale, ci viene portato con udon freddo e del matcha. Una vera prelibatezza, che nessun amante di pesce fresco dovrebbe farsi mancare. Rientriamo in albergo e dopo l’immancabile bagno caldo della serata, andiamo a dormire.

 

continua...

 

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