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L'area moldava al di là del fiume Nistro divenne una delle zone in cui l'opera di “russificazione” dell'URSS venne spinta maggiormente grazie all'apertura della maggior parte dell'industrie della repubblica e, conseguentemente, con la maggior immigrazione di dirigenti e maestranze di origine russa. A completare il quadro vi è il fatto che a Tiraspol aveva sede la 14a armata dell'esercito russo. Quando Gorbachov aprì la porta alla liberalizzazione politica, la Moldavia, sulla scia della corsa al nazionalismo tipico di quel momento storico, decise di abbandonare il russo e l'alfabeto cirillico come lingue ufficiali in favore del moldavo/romeno scritto con caratteri latini, cosa che sollevò le proteste della minoranza russofona, in Transnistria molto numerosa, che il nuovo governo moldavo non ascoltò.
Militari nella zona cuscinetto tra le due frontiere - Archivio Fotografico Pianeta Gaia
Nel 1990 le minoranze russofone organizzarono un referendum nel quale il 90% della popolazione votò per separarsi dalla Moldavia, nella speranza di diventare una repubblica sovietica a parte ma nell'agosto successivo alcuni membri del governo sovietico organizzarono il cosiddetto putsch d'agosto per deporre Gorbachov e si capì che l'Unione Sovietica viveva un momento particolare in cui, più che pensare a salvare altri, doveva badare a salvare sé stessa. Pochi giorni dopo, il 24 agosto 1991, la Moldavia dichiarò l'indipendenza dall'Unione Sovietica. In tutta risposta, la Transnistria dichiarò la propria indipendenza dalla Moldavia, che ovviamente non la riconobbe.
Il permesso di ingresso in Transnistria, valido 10 ore - Archivio Fotografico Pianeta Gaia
Le forze moldave entrarono in territorio transnistriano il 2 novembre ma la resistenza dei cittadini le fermarono, pur dovendo registrare le prime vittime del conflitto, tre civili. A dicembre vi fu un altro tentativo, ugualmente respinto. La scintilla che fece definitivamente deflagrare il conflitto fu l'assassinio del comandante dei militari della Transnistria, Shipchenko che fu ucciso da un ragazzo ma la colpa venne addossata alla Moldavia e generò l'attacco della stazione di polizia moldava a Dubasari da parte di un contingente di cosacchi, accorsi in difesa della Transnistria. Gli scontri decisivi avvennero a giugno del 1992 a Bender, al di qua del fiume Nistro, quando le forze moldave entrarono in città per cercare di ristabilire la loro autorità. Il maggiore Yermakov della 14a armata russa venne arrestato e le forze della Transnistria, assieme ai cosacchi, reagirono con una battaglia urbana. I segni degli scontri armati sono ancor oggi visibili su uno dei muri del Palazzo governativo della città, restaurato ad eccezione di una parete, lasciata nel suo stato a memoria futura.
La parete del Palazzo Governativo di Bender, coi fori di proiettile - Archivio Fotografico Pianeta Gaia
Decisivo fu l'intervento della 14a armata russa di stanza a Tiraspol, capitanata dal generale Lebed, che scese in campo dopo l'appello televisivo del vicepresidente russo Rutskoy di aiutare le forze transnistriane. Lebed fece bombardare la sponda nemica del Nistro, ponendo di fatto fine al conflitto per manifesta superiorità di fuoco. Con l'esercito russo a prenderne le parti, la Trasnistria riconquistò la città. Il 21 luglio 1992 Boris Yeltsin e il presidente moldavo Snegur firmarono il cessate il fuoco. Da allora è stata costituita una zona di sicurezza, presidiata da una forza di pace congiunta composta dai contingenti moldavo, transnistriano e russi e osservatori ucraini. Tutt'ora, per recarsi in Transnistria dalla Moldavia, si attraversa una zona cuscinetto tra le due frontiere e il permesso di entrata nel paese, a meno che non si abbia un apposito visto, ha la durata di appena 10 ore.
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