Siamo lieti di condividere con voi il foto-racconto del viaggio di nozze dei nostri viaggiatori Vincenzo e Graziella, da poco tornati dal Sudafrica.
Lucia, Monica,
siamo ormai tornati da diversi giorni dal nostro viaggio di nozze che è stato meraviglioso e per questo volevamo innanzitutto ringraziarvi. Crediamo che il nostro viaggio di nozze lo ricorderemo per sempre per la bellezza dei posti in cui siamo stati, l’accoglienza che abbiamo ricevuto dalle persone del posto, le incredibili avventure dei safari (abbiamo visto tutti i cinque big five) e tanto altro. Insomma in Africa vorremo tornarci ancora!
Ore 05:47, un uccellino in cima all'albero si fa abbracciare dai primi raggi di sole, che sorge meravigliosamente sulla savana sudafricana. L'aria sarà fresca ancora per un po’. Noi siamo già a bordo del nostro fuoristrada alla ricerca dei famosi “big five” all'interno della Thornybush Game Reserve, una meravigliosa riserva privata che si estende per circa 12mila ettari. I safari si svolgono all’alba e al tramonto, le ore in cui gli animali sono più attivi e, quindi, più facili da incontrare. I “big five” erano considerati i 5 grandi animali più pericolosi da cacciare e sono il leone, il leopardo, l’elefante, il rinoceronte e il bufalo. Non c’è garanzia di poterli vedere tutti, ma l’abilità dei ranger e dei battitori nel seguire le loro tracce è impressionante: conoscono le abitudini di ciascuno di questi animali, cercano le impronte fresche lasciate sul terreno sabbioso e percepiscono ogni rumore che possa ricondurli a loro.
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Fiume Zambesi, Chobe National Park. L’elefante africano è il più grande animale terrestre del pianeta e quando scorrazza a pochissimi metri dal tuo fuoristrada senti più che mai la sua imponenza. È un animale sociale, vive quasi sempre in branco ed è un gran camminatore; non lo si trova quasi mai fermo tranne quando dorme (in piedi) per qualche minuto. Percorre grandi distanze perché ha bisogno di nutrirsi continuamente; si nutre di radici, cortecce, ma anche frutta ed erba durante la stagione delle piogge. L’elefante africano si distingue dal suo cugino asiatico sia per la forma delle sue grandi orecchie che richiama il continente africano, sia per l’estremità della proboscide che termina con due piccole punte in grado di afferrare piccoli oggetti (specialmente quelli che hanno l’aspetto di cibo).
Il potente barrito di un elefante ci ha svegliato di soprassalto in piena notte all’Elephant Valley Lodge in Botswana, dove abbiamo vissuto due notti in un campo tendato nel bel mezzo della savana: l’esperienza più selvaggia che avessimo mai fatto nella nostra vita.
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"When our first democratically-elected government decided to make Heritage Day one of our national days, we did so because we knew that our rich and varied cultural heritage has a profound power to help build our new nation." Nelson Mandela, 1996
Il 24 settembre in Sudafrica è festa nazionale e si celebra l’Heritage Day. Il significato dell’Heritage Day è quello di celebrare la ricchezza della cultura sudafricana che si fonda sulla diversità delle credenze, delle tradizioni dei popoli e delle tribù originarie che la compongono. Durante l’Heritage Day tutti vestono gli abiti tradizionali delle tribù di appartenenza e, camminando per le strade, ci si può imbattere in danze e balli improvvisati da piccoli gruppi di sudafricani.
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Cosa faresti se fossi a piedi a pochi passi da un leone allo stato brado innervosito dalla tua presenza? Il leone non considera il bipede come una preda ma come una possibile minaccia, ce l’ha scritto nel suo DNA sin da quando l’uomo nella preistoria lo cacciava per nutrirsi. L’errore da non commettere è quello di voltarsi e fuggire; in quel caso, per il suo istinto da predatore, diventeresti la sua preda e non avresti scampo. Per scamparla, devi farti vedere più grande di lui, sbracciarti e battere forte le mani, e pian piano fare un passo a destra e un passo indietro, un passo a sinistra e un passo indietro fino ad uscire dalla sua zona di comfort.
È una delle infinite curiosità che la nostra guida, un ragazzo italiano di nome Simone, ci ha raccontato nei giorni passati alla riserva di Thornybush. Il leone è veramente il re della savana: lo si percepisce dalla sua muscolatura possente, dall’ampia criniera dei maschi, dalla sicurezza nei movimenti, dalla lunghezza delle zanne e degli artigli, strumenti fondamentali per la caccia. Ma anche il leone deve guadagnarsi il suo posto nella savana: deve correre veloce per cacciare, difendersi dalle iene che tenteranno di rubare il suo pasto, combattere duramente per guadagnarsi il ruolo di capobranco per potersi accoppiare con le femmine.
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Capetown è la città turistica per eccellenza del Sudafrica. È bagnata dall’Oceano Atlantico da un lato ed è circondata da numerosi rilievi, tra cui il più famoso è la Table Mountain, dall’altro.
Il suo clima può essere estremamente variabile. A seconda che siano più forti le correnti dell’oceano atlantico, che portano il freddo antartico, o dell’oceano indiano, tipicamente più caldo, puoi sentire freddo o caldo. È buona norma portarsi sempre un giubbino che probabilmente potresti mettere e ritogliere ogni mezz’ora.
Il quartiere musulmano di Bo-Kaap, famoso per le sue facciate colorate, la strada panoramica di Chapman's Peak Drive considerata tra le più belle al mondo, i vini di origine francese da assaporare insieme a cioccolate alle erbe prodotte artigianalmente, la spiaggia dei pinguini di Boulders Beach e la baia delle balene ad Hermanus, il vento incessante al Capo di Buona Speranza, il punto più a sud ovest del continente africano, sono solo alcune delle caratteristiche di Cape Town che lentamente ti fanno innamorare di questo posto.
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Il leopardo è un animale notturno e solitario. Di giorno si nasconde tra gli arbusti e solo l’occhio allenato dei ranger riesce a scorgerlo. È il predatore più difficile da incontrare tra i big five e forse anche il più temuto dagli altri animali. La sua presenza crea scompiglio: il nostro battitore è riuscito scovarlo ascoltando il gridio dei babbuini impauriti che si avvisavano tra loro della presenza di un grande predatore e dall’ululato implorante di uno sciacallo in cerca di cibo a poche decine di metri dal leopardo stesso.
Nella foto una giovane femmina di 2 anni che abbiamo incontrato, che ha raggiunto l’indipendenza solo da pochi mesi. Essendo un felino, per molti aspetti si comporta come un gatto. È estremamente agile: è in grado di arrampicarsi su un albero e di sferrare un attacco lanciandosi nel vuoto puntando direttamente al collo della vittima. Nella savana non si può mai abbassare la guardia.
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Durante il primo giorno, eravamo in viaggio da Pretoria verso la miniera del Cullinan e, a causa di una deviazione sulla strada principale, ci siamo inevitabilmente addentrati in una cosiddetta baraccopoli. La nostra guida era piuttosto seccata dall’accaduto, probabilmente per il suo amore del Sudafrica e per timore di lasciare una cattiva impressione in noi turisti. Invece abbiamo ritenuto una fortuna poter vedere anche queste sfaccettature di una società che, seppur in forte evoluzione, ha bisogno ancora di fare molta strada per sconfiggere la povertà.
A Johannesburg, ad esempio, sono registrati 2 milioni di abitanti, ma la popolazione effettiva è di 4 milioni di abitanti. Molti di quelli non registrati vivono in condizioni che noi definiremmo al di sotto della soglia di povertà, in insediamenti informali che mancano di strade, elettricità e acqua.
Non si può entrare nel dettaglio delle dinamiche e delle barriere che generano povertà in così poche righe; di certo i sudafricani sono gli unici che possono affrontarle per riuscire a garantire al proprio popolo migliori condizioni di vita.
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In Sudafrica la mancia è una tradizione ben ancorata nella tradizione, anzi è una parte importante dello stipendio dei lavoratori. È buona norma lasciare la mancia per qualsiasi servizio venga offerto, come al cameriere nel ristorante, al benzinaio oppure a un uomo che nutre le foche dalla banchina del porto di Hout Bay (a 20 minuti di strada da Cape Town) direttamente dalla propria bocca. Non lasciare la mancia può essere considerato addirittura come un’offesa, visto che solitamente chi vi offre un servizio si impegna tantissimo con gentilezza e cordialità per farvi andare via con un sorriso sulle labbra.
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Soweto, mattina del 16 giugno 1976. Circa 20mila studenti neri si prepararono a protestare pacificamente contro la decisione del governo di introdurre l’Afrikaans come lingua ufficiale nelle scuole, una lingua che avrebbe svantaggiato nell’apprendimento gli studenti neri rispetto ai bianchi. Quel giorno, ricordato come uno dei giorni più neri della storia del Sudafrica, la polizia barricò la strada lungo il percorso programmato per la marcia. Ci fu molta confusione e parte degli studenti deviarono il loro percorso. Ci furono dei tafferugli finché la polizia iniziò a sparare contro i manifestanti disarmati uccidendone 23, tra cui un ragazzino di 13 anni di nome Hector Pieterson, divenuto il simbolo della protesta.
La rivolta del 16 giugno 1976 pose i riflettori del mondo sul Sudafrica e sul governo dell’apartheid. Le proteste continuarono nei giorni successivi e posero inizio al desiderio di cambiamento da parte del popolo sudafricano che ha portato oggi a considerare l’apartheid solo un ricordo del passato. Oggi in Sudafrica che tu sia bianco o nero non significa avere diversi diritti, diverse possibilità di istruzione e di successo in ambito lavorativo.
Nella foto la statua del Cristo all’interno della chiesa di Regina Mundi a Soweto con le mani amputate dalla polizia il 16 giugno 1976. La statua del Cristo è un altro simbolo che ricorda la rivolta di Soweto.
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Mi piace pensare alla teoria del paleontologo Richard Leakey secondo cui il “mal d’Africa” è causato dalla memoria genetica delle nostre origini; l’umanità mosse i primi passi proprio nella savana africana e questa terra in qualche modo ci è rimasta dentro. L’Africa è il luogo da cui proveniamo e quando ci mettiamo piede per la prima volta è come se ci sentissimo già un po’ a casa.
Il mal d’Africa ci prende quando siamo ancora lì; il mal d’Africa è la nostalgia che sappiamo che proveremo quando irrimediabilmente lasceremo quei posti che ci avevano emozionato per riprendere la nostra vita, con la consapevolezza che prima o poi finalmente sarà tempo di tornarci…
Vincenzo e Graziella