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29° giorno
Come prevedibile, di prima mattina qualche goccia di pioggia ci accompagna a colazione, partiamo in direzione est lungo la N4 che ha tratti a pagamento. Fino a Rustenburg i lavori stradali rallentano il cammino, passata la locale township prendiamo vie minori verso Jericho, alcune non asfaltate ma in buono stato per la destinazione di giornata, il Borakalalo National Park che sorge attorno alla Klipvoor Dam, uno dei più recenti parchi della nazione. Si può passare la notte nei camping oppure uno stop nella splendida area di sosta proprio sul lago, paradiso dei pescatori oltre che d’infinite specie di volatili da terreni salmastri. Il parco è molto bello anche se di animali ne scorgiamo pochi a parte alcuni klipspringer, la piccola antilope saltarupe, che paiono mettersi in posa volutamente. Visitiamo prima la parte nord-ovest, più impervia e meno battuta, per terminare con quella a sud, costeggiando il lago gli avvistamenti dei caratteristici volatili da palude sono infiniti e poco paurosi, permettendo scatti ravvicinati. Kudu, impala e waterbuck tra gli animali più comuni, tra i pochi presenti praticamente tutti pescatori, dotati di riserve consistenti di birra. Lasciamo il parco e scendiamo in direzione di Brits, strade asfaltate ma nessuna presenza di campeggi, così tagliamo il Magaliesberg che ci regala preziosissimi tramonti per cercare una sistemazione nei dintorni della Hartbeesport Dam, al di là delle montagne. Viene segnalato un campeggio ma trovarlo è tutt’altro che semplice, seguiamo fiduciosi il navigatore ed effettivamente in un percorso a chiocciola oltrepassato un complesso residenziale, nella parte sud del lago un accesso ad un camping c’è, ma pare più un campo profughi che altro. L’addetta ci conferma che siamo giunti al De Rust che però si trova qualche chilometro più avanti lungo il lago, strada di fatto inesistente, occorre effettivamente costeggiare senza andare troppo vicino all’acqua né troppo all’interno. Quando giungiamo ad un complesso recintato, un cartello ci intima di non entrare se non vogliamo prenderci una fucilata, è tutto chiuso e nessuno si presenta, fortunatamente ci sono dei bagni aperti e così facciamo tappa tra il lago e questi. Manca l’illuminazione e pure l’acqua calda, ma almeno ci si può lavare, così per l’ultima notte all’aperto possiamo dire di essere nel mezzo della natura senza nessun comfort in assoluta libertà. Calata la notte sembra di stare su di un lago montano piuttosto che nel mezzo del Sudafrica, la temperatura si abbassa e minaccia pioggia, riusciamo comunque a cenare terminando le ultime provviste in dotazione poco prima che la pioggia ritorni a dettare la propria legge. Sul più bello si accendono le luci e così dopo aver usato le torce per trovare doccia e lavandino sia l’interno sia l’esterno dei bagni dalle 22 sono illuminati. Percorsi 377 km, a parte nel parco tutti su ottime strade, sterrati compresi.
Un impala nel Borakalalo National Park
30° giorno
All’alba c’è già un sole intenso e fa caldo, anticipiamo colazione e prima di terminare arriva un’addetta al campeggio, ovvero nella parte interna a noi in serata non accessibile, che ci chiede perché siamo fuori e non dentro. Spiegarle che era tutto chiuso e nessuno aveva risposto ai nostri strombazzamenti del clacson non è semplice, alla fine a lei disturba il fatto di dover pulire quei bagni che nessuno usa e che non pulisce mai. Ma tutto sommato è felice di aver incontrato gente, ritengo che qui in campeggio non passi mai nessuno. Usciti dall’area camping riattraversiamo il lago sul ponte che lo taglia lungo la R512, ora ben visibile mentre la sera precedente il crepuscolo ci aveva occultato la visione per salire lungo la R513 al De Wildt Cheetah Center, un centro di conservazione e cura principalmente per ghepardi ma non solo, istituito nel 1971 da Ann Van Dik per curare all’epoca solo i ghepardi. Ora il centro non si dedica solo a questi splendidi “gattoni” ma anche ad altre specie, i più numerosi sono i famigerati licaoni, ma sono presenti pure alcuni felini non facili da osservare come i caracal e i piccoli ma aggressivi serval. Gli animali sono qui curati e riadattati alla vita in autonomia, spediti ai parchi che ne fanno richiesta e che presentino adeguate sicurezze sulla vita di questi animali. Una robusta e risoluta responsabile fa anche da guida al mezzo con cui andremo in avanscoperta (casualmente bianca), mentre un addetto (ma toh, nero) ha il compito di entrare nelle gabbie dei licaoni per portare il cibo separandoli uno dall’altro con priorità nel cibarsi di difficile comprensione, diciamo che il più grande può mangiare a piacimento, volendo anche i più piccoli, ma non sempre. Quello che colpisce è proprio la voracità di questi predatori, impressionano, come già mi avevano impressionato vedendoli all’opera in pieno Kruger l’anno passato. I ghepardi sono più mansueti, c’è pure un king cheetah, ma tutti se ne stanno lontani e nascosti, pochi si affacciano alla ricerca di curiosi, anche se vederli è comunque semplice. Alcune iene invece sono molto più curiose, bello vedere la lentezza e la diffidenza del caracal nell’addentare il cibo, mentre il serval ci accoglie ringhiando a lungo. Quest’animale è in pratica un ghepardo in piccolo, ma sembra sempre alterato, mentre il collega taglia grande sempre sereno, alla fine del tour lungo la montagna dove se ne stanno come sorta di wellness center in attesa di riprendere la via maestra quelli che colpiscono maggiormente sono come già evidenziato i licaoni, di cui è interessantissimo osservare maniere comportamentali e priorità nel branco. La visita dura indicativamente 2 ore, abbiamo tempo per un excursus motoristico. Nei dintorni sorge uno dei circuiti storici del continente africano, il primo dove F1, MotoGp e Superbikes abbiano pestato il continente, Kyalami. Sorge alle porte di Johannesburg, lo raggiungiamo continuando per la R513 e scendendo la R55. Il circuito ha subito tre grandi stadi di passaggio, del primo originale non c’è in pratica più traccia, chiuse baracca già verso la fine degli ’80, ma pure del secondo usato negli anni ’90 rimane ben poco, anzi su di una parte sorge ora il Kyalami Park, gigantesco mall. L’ingresso alla versione 3.0 del Kyalami Gran Prix Circuit è chiuso, ma sfoggiando la t-shirt del Team Grillini (mondiale SBK), un biglietto da visita del titolare (mio amico, va detto) riesco a far sì che la security contatti il General Manager in persona e questo ci conceda la visita. Un addetto ci fa percorre la via esterna al percorso dove la SBK corse per l’ultima volta nel 2010, poi tagliati i fondi da parte dello stato non fu più possibile ospitare gare del mondiale. Vista la pista dall’esterno in seguito entriamo nei paddock dove Denis Klopper, il grande capo, ci riceve come ospiti importantissimi, mi spiega mille cose sull’evoluzione della pista, sulle omologazioni, aneddoti sui piloti ed alla fine dopo avermi concesso di entrare in pista per le foto di rito, chiede di essere contattato appena rientrati per poter inviare le news da questo lontano luogo in modo da rimanere in contatto con addetti del mondiale! Sarà fatto, Denis. Terminata l’esperienza motoristica che mai avrei immaginato così coinvolgente, ci fermiamo per l’ultima sosta di cibo volante, vuotiamo le ultime scorte lasciandole ad un custode di una fabbrica che a lungo ringrazia per tornare alla base, in altre parole alla riconsegna del nostro Ford Ranger dopo l’ultima sosta carburante e dopo gli ultimi 127 km, tutti su asfalto. I controlli li faranno in seguito perché il mezzo andrà lavato (e disinfestato mi vien da pensare…), la pratica è quindi veloce, Kevin sempre molto amichevole ci chiama un taxi per riportarci in città anche se la meta che scegliamo è lontano e dobbiamo integrare la tariffa per Melville dove arriviamo dopo oltre un’ora, un po’ per la lunghezza del tragitto ma anche per il traffico intenso del venerdì. Ci sistemiamo nello splendido e consigliatissimo Sleepy Geko poco prima che la pioggia ritorni a farci compagnia. Questa volta però non si tratta di un acquazzone ma di una perturbazione di lunga durata. Avevamo optato per Melville per poter girare senza problemi, purtroppo muoverci con la pioggia non è un piacere, usciamo quindi solo per cena tornando da Numo’s, posto riparato sulla strada per vedere il passaggio del venerdì sera quando la maggior parte dei presenti è tiratissima e dove come già notato un mese prima, la differenza non la fa il colore della pelle ma quello dei soldi. Nonostante piova, il viavai lungo la 7th è da ingorgo del traffico, chi non vive nei centri commerciali passa da qui, soprattutto nel fine settimana. Ci rifacciamo così in parte gli occhi dopo aver rimirato panorami ed animali, ma di fauna locale agghindatissima ed in alcuni casi praticamente svestita poca traccia, a differenza di qui.
Un licaone nel De Wildt Cheetah Center
31° giorno
Colazione a buffet, risultato garantito, tutti particolarmente gentili nel posto, sia gli addetti sia gli avventori. Ho il volo in serata così posso farmi un ultimo giro in città, approfitto di uno spostamento altrui verso l’aeroporto per farmi lasciare al Museum Africa (ingresso gratuito, solo registrazione) composto di più sezioni che non hanno nulla in comune le une con le altre. Si parte dall’esposizione geologica sulla storia della terra per andare su di una chicca vera e propria, la documentazione della prima di ogni cosa avvenuta in Sudafrica o a Joburg, mostre d’illustrazioni satiriche per giungere a quelle temporanee tra cui una relativa alle fotografie di Omar Badshe, questa da applausi. C’è anche quella sulla storia della fotografia, per certi aspetti interessante per altri sembra più un magazzino dove riporre oggetti che nessuno vuole più. Uscito da qui proseguo verso Newtown passando tra varie bancarelle dei mercati, ma con ben poco d’interessante. Mi guardano esterrefatti, noto come di bianchi in giro da soli qui proprio non ce ne siano anche se di pericoli non se ne incontrano minimamente. È un fiorire di negozi e negozietti che però vendono principalmente articoli di uso quotidiano, quindi interesse limitato, mentre nei dintorni del Top of Africa largo a catene internazionali con privilegiati i negozi di abbigliamento sportivo, ma di prezzi da affari non c’è traccia. Tra i tantissimi luoghi dedicati al cibo nel Carlton Center dove pare passare la maggior parte degli abitanti pranzo al Sausage Saloon più perché facile sedersi che per altro. Nei dintorni altri piccole o grandi gallerie commerciali imballate di gente e buttadentro, visto che è già pomeriggio approfitto del fatto che qui ci sia l’area taxi per farmi riportare in guest house così da sistemare le ultime cose e fare un po’ di chiacchiera con alcuni avventori stazionanti a lungo qui. Tra questi una francese con due figli, ad uno si rivolge in francese e all’altra in inglese, che lavora da qui col suo pc e niente di più, usa il wi-fi della guest house ma evita così di rientrare in Francia, meglio evitare l’inverno, no? Il taxi di Mike, servizio in accordo con la guest house, puntuale alle 17 mi recupera per portarmi in aeroporto nella zona opposta della città, circa un’ora in questo momento del giorno. Mike è un immigrato cecoslovacco, lasciò la sua terra già Repubblica Ceca per non precisati motivi, era un ex giocatore di basket e quindi la chiacchiera è fluente, quando poi mi dice che è originario di Brno e mi chiede se conosco la città per via dei circuiti, allora è apoteosi. Mi scarica in aeroporto dopo aver raccontato la sua visione del Sudafrica (troppo lassismo, sarebbe meglio un governo più autoritario stile Botswana, diciamo che si sente afrikaans senza esserlo completamente), si preoccupa che non abbia problemi nell’arrivare al gate, lo tranquillizzo ed entro terminando le pratiche in modo velocissimo. Il check online di Iberia mi permette di lasciare il bagaglio senza nessuna fila, le procedure di controllo sono complesse ma veloci perché gli sportelli numerosissimi, ho pure molto tempo a questo punto per recuperare qualche souvenir, durante tutto il viaggio ero riuscito a non prendere nulla, viaggiando così sempre col minimo al seguito. Imbarco veloce, partenza puntualissima e dopo cena si abbassano le luci per chi vuole dormire, altrimenti wi-fi a disposizione (non provato, non posso relazionare sulla velocità del collegamento a 10.000m), film ed intrattenimenti vari. Io dopo aver come al solito letto parte di un buon libro mi metto avanti col sonno.
Un poco amichevole serval nel De Wildt Cheetah Center
32° giorno
Colazione servita 1:30 prima di atterrare in perfetto orario a Madrid, mentre sorvoliamo l’ultima parte dell’Algeria e già sul Mediterraneo, quasi casa in pratica. Atterrati occorre spostarsi via metro interna dal T4S al T4, i controlli sono velocissimi ed attendo poco per il volo di rientro a Bologna dove viene segnalata neve. Il volo di Air Nostrum non è pieno a differenza di tutti i voli presi in precedenza, ma è puntuale e poco male se non servano gratuitamente cibo e bevande. Unica nota, i trolley non sono ammessi a bordo, l’aereo ha cappelliere di piccole dimensioni, così occorre lasciarli alla scaletta di accesso e ritirarli all’uscita, non è un mio problema poiché gli zaini, anche se di dimensioni non contenute, non sono mai fermati. Atterraggio a Bologna di nuovo in orario, di neve non c’è traccia anche se la temperatura è poco distante dallo zero, rientro velocemente a casa dove mi attende un piatto fumante di tortellini e l’imminente partita casalinga della Virtus, così m’immergo nello spirito bolognese in un attimo, in più la Virtus vince pure il miniderby con Imola e quindi tutto OK. Percorsi alla fine del viaggio in pick-up 7.783 km, consumati 809,8 litri di gasolio, cifra indicativa di 725 €, rispetto a viaggi precedenti devo costatare che la Ford Ranger si è dimostrata di alto livello e più parca nei consumi.
Un raro "king cheetah" nel De Wildt Cheetah Center
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Il viaggio si è svolto tra dicembre e gennaio, all’inizio della stagione delle piogge, puntuale come non mai quest’anno a differenza dei precedenti. Temperature alte ma non elevate, nelle montagne dello Zimbabwe si abbassano decisamente di notte ma di freddo non c’è traccia. Scrosci d’acqua intensi ed in alcuni casi prolungati quasi quotidiani, giornate nuvolose soventi, ma il sole sbuca sempre, soprattutto in Botswana e Sudafrica. In Sudafrica per un € servivano indicativamente 14,5 rand, il carburante è sempre acquistabile con carta di credito, gli ATM sono ovunque. In Zimbabwe non esiste più una propria valuta, di fatto lo stato economicamente è fallito, si paga tutto in $, meglio arrivare con questa valuta già a disposizione, in alcuni casi si può pagare in rand o cambiarli nei pochi uffici bancari che s’incontrano, ma difficilmente più di 50$ per volta con pratiche burocratiche da sfinimento. Quasi mai si può pagare con carte di credito se non nei centri commerciali presso le maggiori città o a Victoria Falls, quindi sempre in $. In Botswana si paga regolarmente con la valuta corrente, pula, per un € ne servivano indicativamente 11. ATM quasi ovunque, il carburante si paga sempre con carta di credito, utilizzabile anche per parchi e camping, oltre ovviamente a qualsiasi supermarket. Tutti i costi riportati sono da intendersi a persona quando non specificato. I cellulari funzionano regolarmente, ma quando si entra nei parchi la copertura spesso scompare, il wi-fi in Zimbabwe latita, a volte nei camping c’è ma la lentezza è esasperante, più volte non funziona semplicemente perché manca l’energia elettrica. Altre volte il titolare del camping ha fatto da hot spot col suo cellulare personale, questo avviene però solo nei piccoli campeggi. L’inglese sulla carta è la lingua ufficiale nei ter paesi ma in realtà nessuna la parla come prima lingua, in Zimbabwe in ogni caso è “biascicata” in modo da renderla di difficile comprensione, in Sudafrica i bianchi vi si rivolgeranno sempre in afrikaans, poi per pietà tradurranno, ma con poca voglia… Meglio far scorta di cibo prima di entrare in Zimbabwe, non tanto perché manchino scorte ma per i prezzi esorbitanti di tutto ciò che non proviene dalla terra, e quello che proviene è poco e non facile reperirlo. Il carburante, nel nostro caso gasolio (il pick-up poteva essere alimentato sia con quello 50 ppm sia quello a 100 ppm, verificate prima dell’ingresso in Zimbabwe) costava da 1,12 a 1,2 $ al litro in Zimbabwe, 0,65 € in Botswana e 0,8 € in Sudafrica, rete distributiva amplia ovunque, tenendo conto che il nostro mezzo, Ford Ranger, aveva un’autonomia di 1.500 km. Per entrare è sufficiente il passaporto valido per 6 mesi, in Zimbabwe occorre il visto ottenibile in frontiera, 35 $ per quello ad ingresso singolo, 40 $ ingresso doppio. Ne esiste anche uno a ingresso multiplo, costa 60 $ ma va richiesto in anticipo. L’unico posto di confine Sudafrica/Zimbabwe è un girone dantesco che vi sconsiglio caldamente di affrontare, quanto letto sulla guida mi pareva letteratura invece si trattava di realtà. Meglio affrontare 500 km in più. Come guide abbiamo utilizzato quelle in versione EDT della Lonely Planet per Sudafrica e Botswana, oltre a quella in inglese della Bratd per Zimbabwe, versione fresca di stampa e veramente attendibilissima. In pratica questa è l’unica guida reperibile ed attendibile di questo luogo per chi intende muoversi in totale autonomia. Come mappe avevamo a disposizione South Africa 25th Edition e Zimbabwe 1st Edition di MapStudio oltre al navigatore satellitare Be-On-Road Navigation, un open source particolarmente adatto per le parti in fuoristrada. Per affrontare il viaggio avevamo definito il noleggio di un pick-up 4x4 completamente attrezzato per poter essere indipendenti ovunque, tenda sul tetto, pannello fotovoltaico a ricoprirla, 160 litri di serbatoio, 90+20 litri di serbatoio per acqua, frigo, pala per scavare, cavo di traino, qualsiasi accessorio immaginabile per la cucina, fornello inserito sulla ribalta posteriore e collegato alla bombola del gas (sufficiente per tutto il viaggio), oltre ad una dotazione distinta per poter accedere alla rete stradale dello Zimbabwe, doppio triangolo, doppio giubbotto riflettente, strisce fosforescenti sul retro e sui lati, estintore, tutte cose che nelle centinaia di posti di blocco sono chiesti, mai tutti, ma uno ad ogni stop sì. Il mezzo consegnatoci da Avis (circa 2.500 € per un mese, ai quali vanno aggiunti 60 € per pulizie e forfait autostrade nei dintorni di Johannesburg e Pretoria) era in condizioni talmente ideali che più volte siamo stati fermati solo per mostrare il nostro mezzo ad altri viandanti che non rispettavano le indicazioni del codice della strada locale. Che poi il 90% dei loro mezzi non fosse a norma è altro discorso. Altra regola, i mezzi devono essere puliti, è un’offesa personale girare con un mezzo che sia sporco, spiegare che si esce da un parco in condizioni impossibili e che non si trovino aree di sosta attrezzate per pulirli pare non essere situazione contemplata. Ma in ogni caso, anche quando qualche poliziotto ha provato a fare il grosso, non sono mai andati oltre ad una raccomandazione, nessuno ha chiesto soldi per soprassedere, giusto in Botswana ai check-point veterinari per non dire nulla su alcuni cibi conservati e sulla carta proibiti la richiesta è arrivata al massimo ad una birra.
Zimbabwe, Sudafrica e Botswana - I
Zimbabwe, Sudafrica e Botswana - II
Zimbabwe, Sudafrica e Botswana - III
Zimbabwe, Sudafrica e Botswana - IV
Zimbabwe, Sudafrica e Botswana - V