La popolazione mondiale odierna supera i sette miliardi e si avvia, ai ritmi attuali, a raggiungere i nove miliardi nel 2040. Questo crea evidenti problemi di sostenibilità e, continuando di questo passo, nelle prossime decadi ci saranno sempre più problemi nella distribuzione di acqua e cibo ma il mondo pare non darsene per inteso, continuando a perseguire sempre lo stesso modello economico. Ma c'è una parte del mondo dove questo non avviene, l'Himalaya.
Buona parte del Tibet, ora compreso nella Cina, del Ladakh, facente parte dell'India, e alcune regioni del Nepal, convivono da sempre coi problemi legati all'altitudine delle loro terre: bellissimi paesaggi ma anche temperature e altitudini che impediscono lo sviluppo di un agricoltura in grado di sfamare grandi folle. È per questo motivo che, in questa regione del mondo da sempre vige un sistema familiare che privilegia il mantenimento delle poche risorse disponibili a discapito della frammentazione.
Monaci buddhisti, tanti e non solo per libera scelta
Innanzitutto i terreni agricoli non vengono frazionati per darne una parte ai vari figli: la proprietà passa interamente al figlio maschio maggiore, che avrà quindi sempre un terreno sufficiente per garantire la sua sussistenza. In pratica quello che succedeva anche nell'Inghilterra del XIX secolo, con l'istituto della primogenitura. I genitori, una volta che lasciano la proprietà al figlio, rimangono in famiglia, tradizionalmente in una casa più piccola appositamente costruita (khangbu), oggigiorno più spesso nello stesso edificio.
Giustamente vi chiederete: e gli altri figli? Gli abitanti di queste lande sono estremamente religiosi e dediti al buddhismo lamaista, ne consegue che queste terre sono letteralmente costellate di monasteri, ciascuno abitato da centinaia di monaci, sia maschi che femmine. Questo non solo serve per trovare un'occupazione a chi non ha altre possibilità di procurarsi un reddito, ma anche, essendo la castità uno dei requisiti per i monaci, a tenere basso il tasso di natalità.
Ora poco praticata ma non ancora del tutto scomparsa, soprattutto nelle zone più remote, è la poliandria fraterna, cioè quel tipo di poligamia che prevede che una donna sposi contemporaneamente il figlio maggiore e tutti i suoi fratelli. Agli occhi di tutti il marito sarà sempre il maggiore, e anche se dovessero nascere dei figli da rapporti sessuali coi fratelli minori (ammesso che sia possibile determinarlo), questi verrebbero sempre considerati figli del maggiore, e i fratelli sempre e solo degli zii.
Una famiglia nepalese che pratica la poliandria: la ragazza seduta (15 anni) è sposata col giovane alla sua destra (12), quello alle sue spalle (9 anni) e quello che tiene in bracio (5 anni)
La leggenda vuole che tale usanza risalga al Mahabharata, il grande poema epico indiano, nel quale Draupadi, la bellissima figlia del re Drupada, sposa i cinque fratelli Pandava e difatti le donne coinvolte in questo rito spesso appartenengono alle famiglia più ricche. Una volta attuata anche in Sri Lanka ma poi abolita nel 1860 dagli Inglesi, questa pratica non viene messa opera in nessun altra regione del mondo.
Siamo pronti a fare quanto è necessario per rendere le nostre esistenze più sostenibili? Io sì, sono il figlio maggiore e ho solo sorelle...