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11° giorno
Prima di colazione giunge l’esito del tampone, negativo, così sotto col buffet, ultimo del viaggio, occorre guadagnarci. Oggi usciamo dalla capitale, destinazione nord, verso alcuni antichi villaggi, noti o meno, a bordo di giganteschi suv (Chevrolet Suburban, più grandi di un camion). Il primo, circa 160 km dall’hotel, è Al Qasab, dove l’antica città tra le mura sorge poco prima del villaggio. Si entra da un’imponente porta malandata, e qui un po’ tutto è ancora da sistemare, in questo risiede il suo fascino, storia e autenticità. Non incontriamo nessuno, dopo aver girato le strette vie interne c’imbattiamo in una persona che ci apre la più bella e meglio conservata abitazione dove ci facciamo un’idea precisa di come fu edificata la città, o meglio questa struttura fortificata, angolo a parte dell’attuale Al Qasab. Luogo in cui sostavano i consiglieri e i giudizi di re Aziz, molto lentamente si sta cercando di ridarle splendore, ma già così ha il suo fascino. Sulla grande porta d’entrata si riesce a salire, anche se non pare così solida, ma la vista sulla città è unica. Da fuori, lasciata la cittadella, pare proprio un grande forte del deserto, nel nulla, la perfetta Fortezza Bastiani. La meta principale dista poco, altri 45 km e giungiamo a Ushaiqer per visitare l’antica cittadella, visita gratuita, accesso al museo 10r. A metà tra la ristrutturazione invasiva di Dir’iya e il quasi nulla di Al Qasab, permette di perdersi nei suoi vicoli con costruzioni di mattoni di fango rossi intensi, bei palazzi a fianco di altri ancora in rovina, la parte della moschea molto bella con minareto pure lui di mattoni di fango, rosso bordato di bianco, un effetto che contraddistingue vari edifici, donando un tocco di vitalità che si sposa bene con l’ambiente circostante. Per entrare nei dettagli la visita al museo Al Salem è d’obbligo, nessuno parla altro che arabo, ma un ragazzo ingegnoso, descrive sul cellulare quanto da illustrare e il traduttore collegato a un altoparlante rende comprensibile il tutto in inglese. Eccede in descrizioni di ogni singolo oggetto, anche i più curiosi alla lunga desistono, mentre chi ha salutato per primo già si rifocilla con datteri e caffè arabo, immancabilmente offerti.
Porta d'ingresso ad Al Qasab
Riprendiamo la via per Riyadh con destinazione lo Sky Bridge, circa 205 km da qui, il celebre grattacielo fatto a cavatappi, assunto in breve a simbolo della modernità saudita. Si trova sopra ad un grande centro commerciale, ingresso consentito con app Tawa, poi biglietto per accedere col primo ascensore al 77° piano, lì nuova fila per un passaggio al 99°, dove questo fantastico ponte nel vuoto congiunge i due lati del grattacielo. Saliamo quando ancora deve fare buio per avere la vista sia con la luce, sia col buio, ovviamente questa è più caratteristica, con l’illuminazione interna che cambia colori e toni continuamente, si nota come le dimensioni infinite del deserto consentano la costruzione di case con pochi piani, grattacieli solo nel centro, il resto tutto contenuto. Scendiamo dovendo attendere anche la manutenzione ordinaria, per andare velocemente al souk, posto moderno e non molto caratteristico, se non s’intende comprare datteri o dolci, direi evitabile. Ultima tappa per cena, cadendo sull’ultima cena di viaggio a base di carne, l’immancabile hummus e insalate, piatti che si ripetono quasi sempre nei locali, tipici o moderni che siano, con questi non si sbaglia mai. Rientriamo in hotel dopo aver percorso 464 km. Tempo per doccia, sistemazione zaino e poco dormire, la sveglia per l’aeroporto concede un tempo risicato.
Minareto presso l'antica cittadella di Ushaiqer
12° giorno
Dopo 1:40 è tempo di mettermi in piedi, biscotti e caffè solubile in camera, partenza ore 1:00 per l’aeroporto con lo stesso pulmino che ci aveva recuperato alla stazione dei treni giorni fa, dista 40 km arrivando con largo anticipo in 25’, di notte traffico contenuto. Si entra con app Tawa, check-in effettuato in anticipo, ma nulla cambia, siamo tutti nelle medesime condizioni, i controlli non sono corti, tra passaporto, visto, codice d’ingresso, esito del tampone (consigliano di stamparlo, ma anche digitale è accettato), poiché il volo ha come destinazione finale Italia chiedono anche il PLF (lo avevo digitale) che però fan giusto finta di guardare. Lo avevo compilato prima ancora di partire, sai mai, poi rifatto una volta ottenuti i numeri dei posti a sedere, non rammento quale dei due abbia mostrato, forse quello dell’estate di rientro dalle Faroe, poca cambia, pratica totalmente inutile. Minuzioso il controllo del bagaglio a mano e di quanto si porta al seguito, pure qua ho dovuto togliere gli occhiali, ma tutto sommato veloce (infiniti i varchi a disposizione), volo Qatar in ritardo di 20’ con un A350, durata 1:20’, tempo sufficiente per bevande e sandwich. A Doha ho più tempo, peccato che quando sia il momento d’imbarcare ci siano problemi, ma come, nell’aeroporto votato come migliore al mondo del 2021? Sì, imbarco ritardato, ma poi tutto si sistema, volo regolare, rinfresco con bibite (anche alcol) e a seguire pranzo vero e proprio, atterraggio in perfetto orario a Roma, 5:20 di durata. Qui nessuno mi chiede esito del tampone o PLF, anzi, nessuno mi chiede nulla poiché sono aperti i varchi automatici per i passaporti elettronici e non incontro proprio nessuno sul cammino. Veloce la riconsegna del bagaglio, sarà per la tanta strada a piedi da percorrere nei tunnel di Fiumicino, in un attimo sono fuori, telefonata all’addetto del parcheggio che in nemmeno 10 minuti è già arrivato e in 5 minuti sono al parcheggio dove pago come stabilito per andare a ritirare l’auto, accorgendomi del clima temperato qui a Fiumicino. In nemmeno 4 ore sono a Bologna, l’Arabia Saudita è un ricordo intenso di un’avventura che immagino a breve diventerà una meta particolarmente battuta, potendo offrire una moltitudine di attrazioni, oltre all’incredibile gentilezza e ospitalità del suo popolo.