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7° giorno
Sveglia quasi comoda, il primo aliscafo per Trapani salpa alle 8:25, così abbiamo tempo per colazione e pur riducendo i 30’ di anticipo sulla partenza attendiamo a lungo, il traghetto è in ritardo. La traversata per Trapani è diretta (30’), posti distanziati e mascherina obbligatoria, segnalo che nemmeno questa volta è indicata un’anomalia col bagaglio. Nel biglietto è ammesso un solo collo da 60x40x20, anche con due zaini nessun problema, va detto che lo spazio dove riporre i bagagli più ingombrati c’è, non si rubano posti a sedere. All’arrivo a Trapani gli addetti del noleggio auto ci stanno già attendendo (tutto definito anticipatamente e confermato telefonicamente il giorno precedente), ci consegnano l’auto con pratiche velocissime eseguite sul marciapiede. Partiamo immediatamente per visitare le saline di Nubia appena a sud della città, iconografia della zona. Nello specifico andiamo alla Salina Calcasia dove si trova anche il Museo del Sale che permette di accedere a uno dei mulini, compresa la terrazza dove ammirarne le pale e la vista spettacolare su saline, isole e città. Il titolare spiega nei dettagli storia e presente delle saline, valore aggiunto della visita di non poco conto, poi c’è tempo per immergersi nel luogo passando per gli stretti sentieri che dividono una salina dall’altra fino alla Torre di Nubia. Nonostante sia mattina e il sole inizi a far capolino tra le nubi solo a mattina inoltrata, il caldo è intenso, torna alla mente camminando qui quanto la guida ci ha detto, per poter lavorare (tutto lavoro manuale per una qualità di sale riconosciuta e in alcuni casi anche pagata per questo) in questo luogo occorre iniziare a farlo da bambini, altrimenti iniziando dopo gli studi il fisico non regge al gran caldo. Tra colori psichedelici e aromi inebrianti, è tempo per andare oltre, rientriamo a Trapani con sosta nel parcheggio di partenza della funicolare per Erice che si raggiunge in nemmeno 10’. Lassù, a 750 metri, il clima cambia, avvolta dalle nuvole e col vento che la spazza, Erice è una pausa freschissima tra luoghi sempre calienti, ma non solo questa è la sua particolarità. Borgo medioevale che si rifà al mito di Venere, da cui prende nome il suo castello, discendenza dichiarata dall’eroe troiano Enea, tra i suoi vicoli, giardini, chiese e viste mozzafiato è una tappa imperdibile. Che poi il mito ne risalti a più non posso alcuni aspetti ci sta, come ben dichiarato anche all’ingresso del castello, che uno non si aspetti di vedere troppo! L’arte culinaria sta prendendo il sopravvento, ovunque si mangia, e dove non ci sono ristoranti, ci sono botteghe per street food, ovvero arancini in ogni dove. Perdersi per i tanti vicoli è un piacere, tanto a Porta Trapani ci si arriva comunque, è quella più in basso tra la cinta muraria, da dove si riparte con la funicolare per la prossima meta. I primi ad arrivare in Sicilia furono i greci, e se anche le zone più celebri sono in altri angoli lontani dell’isola, Segesta non dista troppo, in 40’ giungiamo al parcheggio scambiatore dove una navetta compresa nel biglietto del parcheggio accompagna ogni 15’ all’ingresso. Per raggiungere l’area del teatro e dei ruderi di castello e moschea c’è una navetta, essendo un km in salita per chi vuole evitare di perdere tempo e sudare oltremodo (tutto al sole, zero ombra) c’è questa possibilità. L’area si trova in pessimo stato a parte il teatro, quello ancora in perfette condizioni, tanto che è utilizzato per spettacoli serali come appunto oggi. Le visite quindi qui terminano anzitempo e così optiamo per la navetta e il teatro da subito, da quassù si vede, immerso nella natura, lo splendido tempio dorico del 430 a.C. Il percorso attraverso castello, moschea ed acropoli trova un senso se effettuato con un archeologo, altrimenti al momento si tratta di basamenti e sassi, non così interessanti. Scendendo a piedi, la vista del tempio riempie gli occhi a ogni passo, ma per giungervi occorre ritornare alla reception e salire i 250 metri sul lato opposto. Nulla in più del tempio si trova, ma il perfetto stato conservativo di questa enorme struttura di 36 colonne nel nulla toglie il fiato, dedichiamo qualche momento in più in totale ammirazione di questa chicca greca. Navetta per parcheggio scambiatore e poi via per San Vito Lo Capo, dista oltre 50 km di strada non fluida, aggiungiamo anche una sosta a un supermarket lungo la strada per avere cibo e acqua per l’escursione dell’indomani. Giungiamo così presso l’albergo dove il proprietario ci prende la temperatura, ci fa riempire due moduli e poi si dilunga in spiegazioni dettagliatissime di ogni particolare della struttura dotata di wi-fi. Raggiungiamo la vicina San Vito per cena, notiamo che il parcheggio è un problema non da poco, optiamo per un parcheggio a pagamento esterno, aperto 24h fino all’una (incongruenza non comprensibile) per poi cercarci un posto per cenare. Incontriamo uno dei pochi ristoranti che non sia tutto esaurito, servizio lento ma qualità buona, dato l’orario e la levataccia prossima rientriamo appena terminata la cena e la passeggiata per raggiungere il posteggio.
Le saline di Nubia
8° giorno
Dati i nostri tempi, non c’è possibilità di far colazione nella struttura che ci ospita (tratteremo a sera la differenza), colazione prima dell’alba in camera con quanto acquistato il giorno precedente al market e conservato nel frigo in dotazione delle camere, poi via verso l’ingresso nord della Riserva della Zingaro che dista 16 km, per circa 30’. La riserva apre alle 7:00, consta di tre sentieri, quello costiero per raggiungere le varie cale e i musei, quello intermedio panoramico e quello superiore tra le cime delle montagne. In questo periodo occorre informarsi alla biglietteria quali siano possibili percorrere in base al caldo e al vento di scirocco. La nostra idea è quella di optare per l’intermedio panoramico all’andata e rientrare per quello costiero, evitando quello montano che porta alla cima del monte Speziale a oltre 900 metri, troppo caldo in questo periodo. Ma alla biglietteria impariamo che anche l’intermedio oggi non è fattibile, le temperature non ne consentono l’accesso, così dovremo fare andata e ritorno lungo lo stesso cammino di circa 7,5 km per l’accesso di Scopello, e identico discorso al ritorno. Alla biglietteria si è invitati a pagare con carta di credito, è fornita una mappa e l’indicazione che non ci sono fonti d’acqua certe durante il percorso, solo all’uscita meridionale, alcune possibilità ci possono essere presso qualche museo ma non garantiscono. All’ora di partenza il sentiero non è battuto, non incontriamo praticamente nessuno, passiamo dalle grotte dell’Uzzo e via via lungo tutto il cammino con poche soste, quelle le terremo per il rientro. Raggiungiamo così l’ingresso sud quando il caldo non è ancora intenso, c’è possibilità di riempire borracce e bottiglie e appena fuori anche un furgone che funge da ristoro, il rientro è intervallato da soste a cale per eventuali bagni in mare e visite ai musei, tra cui quello della manna, dell’intreccio, quello naturalistico, di per se non proprio imperdibili, ma fonte di preziosissima ombra. Al rientro il sentiero è molto più trafficato da chi è qui per accedere alle cale, e dover fare il medesimo cammino del mattino con caldo e gente toglie fascino al luogo. Presso il museo della civiltà contadina c’è la possibilità di trovare acqua, a una temperatura che soddisferebbe il più esigente argentino alle prese col mate, ma in mancanza d’altro si può provare. Da cala Beretta si può percorrere un sentiero a ridosso del mare così da rientrare nel percorso costiero a cala dell’Uzzo, giusto per variare un attimo la via, da lì l’uscita è a pochi minuti, dove è giunto anche un furgone ristoro con qualche tavolino. In auto rientriamo all’albergo, doccia quanto mai necessaria e via a visitare San Vito Lo Capo sfruttando come sosta il più centrale parcheggio Aldo. Celebre più per il mare e la sua spiaggia a mezzaluna che per architettura e storia, la cittadina è da tutto esaurito nelle vie da festa paesana, non tanto da movida, l’unica particolarità è il santuario di San Vito che più che una chiesa pare un fortino normanno. La nostra meta è un ristorante dove deliziarci per l’ultima cena sicula, così da dar sfogo a ogni voglia e desiderio culinario residuo. Le nostre intenzioni sono però in contrasto coi tempi della cucina, dopo quasi 2 ore siamo a fine giro antipasti, e così tra problemi di orari nel parcheggio e ripartenza della mattina seguente, pian piano tagliamo ordinazioni, anche se ci rifocilliamo per bene e soprattutto ottima è la qualità. Ritiriamo le auto dopo averlo avvisato del ritardo e rientriamo in albergo per sistemare gli zaini pronti all’ultima partenza. Percorsi 120 km.
Veduta del borgo di Erice
9° giorno
Nuova colazione volante in camera prima di partire, anche oggi l’orario non ci permette di usufruire di quella dell’albergo, poi in auto raggiungiamo l’aeroporto di Punta Raisi con poco traffico nella prima mattinata domenicale. Lasciata l’auto dove indicato, fila per il check-in, fatto on line ma senza nessun senso poiché c’è un’unica fila senza distinzione tra chi ha già effettuato e chi no (unico vantaggio l’autocertificazione covid19 che fatta una volta on line vale per entrambi i voli), lunga anche causa guasto alla stampante delle targhette per il bagaglio da imbarcare. I controlli sono veloci, il volo con A320 per Roma puntuale e dopo circa un’ora atterro a Fiumicino, nella stessa area dove si trova il gate per il successivo volo per Bologna. Attesa limitata, altro volo puntuale sempre con A320, ora però con la scusa del covid19 non viene più servito nulla durante i voli anche dalle compagnie non low-cost. Atterro al Guglielmo Marconi pure in anticipo, procedure di ritiro bagagli celeri e in un attimo sono a casa, Egadi e Sicilia Occidentale sono un ricordo ormai, anche se un bel “caldo” ricordo.