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13° giorno
Nonostante abbiamo tirato tardi, la sveglia è sempre la solita, aiutati dal fatto che questa mattina il caldo si senta molto di più che nelle sveglie precedenti. Colazione, sistemazione delle vettovaglie rimaste e poi via verso la statale 31 attraversando dritto per dritto quest’ultima parte di Rub Al Khali in libertà, circa 22 km. In corrispondenza della stazione di servizio Shell di Al Zamaim, riprendiamo la 31 dopo doveroso rifornimento per una lunga tappa di trasferimento. La strada di fatto è una vera e propria autostrada con traffico molto limitato, la percorriamo con tirata unica fino ad Adam, salutando il deserto e iniziando a scorgere all’orizzonte le montagne dell’Hajar che terremo però per i prossimi giorni. Qui rifornimento, poi via per gli ultimi 60 km lungo la statale 27 per giungere a Sinaw, città natale di Alì, cittadina celebre in pratica solo per il suo mercato del giovedì, l’indomani. Prendiamo posto in hotel dopo giorni di camera con 1000 stelle. In città non c’è nulla da vedere, con calma facciamo tappa presso un produttore di dolci locali, il celebre halwa, gloria nazionale, una sorta di gelatina che può essere servita in infiniti gusti, ne avranno 20 tipologie, pure assaggiabili, desisto testando solo il caffè al cardamomo, dopo lunghi e meditabondi confronti compriamo una torta di queste come regalo per la serata, scelta più in base all’aspetto che al gusto (ricordarseli diviene impossibile). Per la serata saremo ospiti a casa della famiglia di Alì, che risiede in più complessi abitativi che da noi farebbero provincia…, appena fuori città tra i villaggi di Al Aynaya e Al Mudaybi. Alcuni gruppi di turisti che stanno viaggiando con loro qui in zona fanno tappa questa sera presso la grandissima villa del fratello di Alì, un benestante locale che sfoggia un giardino che pare senza fine con allevamenti di capre, piscine, dependance, insomma il mito della ricchezza araba fatta persona. Dopo aver passato una giornata piuttosto calda, la serata diviene fresca se non fredda, il delizioso tè servito al termine della cena comune (un buffet senza fine) è quanto mai prezioso. Rientrando in hotel, per chi vuole c’è una tappa al coffee shop preferito di Alì, un grande bar con spazio interno ed esterno per fumare la shisha, immancabile qui, il narghilè con sapori a scelta. Pubblico totalmente maschile, un attimino stordito di fronte a un maxi schermo proiettante partita di calcio, fa fresco fuori, si opta per l’interno ove il fumo si taglia col machete, preferisco godermi l’aria frizzante fuori dal caffè rimirando le stelle. Rientriamo in hotel per un’insolita notte su materasso. Percorsi 361 km, quasi tutti su asfalto in ottime condizioni.
Donna al mercato di Sinaw con la caratteristica maschera facciale
14° giorno
A Sinaw si passa per un’unica ragione, il mercato del giovedì, e proprio qui siamo diretti di mattina, in un ingorgo di pick-up che provano a entrare per scaricare le merci che rendono unico questo mercato, dromedari (caricati sui pick-up…), capre e pesce, in misura minore datteri. Una grande quadrilatero con portico, al centro una struttura coperta che ospita i banchi del pesce e nell’altra metà la “sfilata” delle capre, mentre dromedari e datteri si vendono all’aperto. Prima però in uno dei tanti piccoli bar, colazione omanita, è un continuo passaggio di piattini vari e caffè poi tempo d’immergerci nel mercato. Se la parte dei dromedari è diciamo così “simpatica”, quella più interessante concerne la parte ittica, enormi casse arrivano piene di pesce esposto su banchi grondanti sangue, la contrattazione è continua, il passaggio dei soldi costante, una volta acquistato i più passano ad altri banchi dove il pescato è pulito, tagliato, pronto per essere preparato una volta rientrati a casa. La confusione è tanta, ma l’igiene è rispettato, la confusione sale nella parte attigua dove sfilano le capre, qui l’aspetto della contrattazione è molto più accentuato. Spiccano le donne con una caratteristica maschera facciale, un sottile filo centrale che acuisce la forza degli occhi, non per forza abbinata alla tunica denominata abbeyya, e quando avviene non sempre nera, un trionfo di colori. Le immagini del mercato sarebbero infinite, ci si stacca a fatica, Sinaw non è particolarmente battuta e quindi permette un’interessante incursione negli usi e costumi locali, che prevedono in larga parte per gli uomini la cintura con l’immancabile khanjar, coltello a doppia curvatura, da non confondersi con l’usuale coltello arabo denominato jambiya. Nonostante la confusione, gli animali e la gente che fa colazione (o visto l’orario in alcuni casi il “brunch”…) a terra su preziose stuoie, è un vero e grande piacere perdersi qui. Fuori dal mercato esistono altre zone di commercio, una dedicata ai tappeti e quasi di fronte una denominata mercato delle donne, abbigliamento e vettovaglie, non particolarmente caratteristico. Con qualche scatto di troppo (nessuno si lamenta di essere ripreso, anzi in alcuni casi si mettono in posa) riprendiamo la via, la giornata prevede più visite tra forti e castelli, iniziando dal castello di Jabrin, situato nel mezzo di una piantagione di palme. Fortificato da alte mura, costruito su svariati livelli originariamente da fine XVII secolo, sistemato da poco tempo non proprio in maniera tradizionale, rimane comunque una tappa non evitabile perdendosi tra infiniti passaggi, scale, magazzini, fino alla sommità da cui si domina la valle con vista sulle montagne. Non dista molto il forte di Bahia, patrimonio UNESCO dal 1987, all’interno di un sistema murario di oltre 7 km, parte del quale ancora visibile anche se non in perfetto stato. Il forte è una piccola cittadella, occorre tempo per salire e scendere le tante scale, accedere a torri e magazzini, intrufolarsi in meandri bui di questa costruzione risalente al XIII secolo ma restaurata da poco tempo. Giusto una precisazione, un forte è un presidio militare, un castello è un’abitazione protetta, anche se in alcuni casi qui le differenze parrebbero minime. Nei paraggi del forte si possono ancora visitare le antiche abitazioni di mattoni crudi stile yemenita, proprio adiacenti al grande parcheggio del forte, in 10 minuti ci si può perdere al suo interno piacevolmente. Per goderci un tramonto con vista montagne in un villaggio caratteristico saliamo a Misfat Al Abryyin, strada che s’inerpica tra tornanti per giungere dopo circa 20 km a 1.000 metri d'altezza. Classico villaggio di montagna che si sta trasformando da prettamente agricolo (datteri) a turistico, non si può circolare con le auto e alcune parti (quella sulla sinistra) non sono attraversabili nemmeno a piedi. Ancora interamente costruito da abitazioni in mattoni secchi in grande ristrutturazione, rappresenta lo spaccato ideale per comprendere la vita tra le montagne, si può accedere alla torre di guardia che lo domina prendendo un sentiero sulla sinistra, non passando tra le abitazioni. Gli anziani cercheranno di respingervi, i giovani al contrario invitano ad accedervi, spiegando per bene e in inglese dove passare, quali recinti poter aprire e quali no, l’idea è che aprendosi al mondo si colgano vantaggi economici, e i più lo stanno iniziando a fare. In realtà alla torre di guardia non si accede, si può arrivare fino alla grande lastra di pietra a fianco, scivolosa e in forte pendenza da cui godersi un tramonto intensissimo tra i monti Hajar. Nel villaggio sorgono ora guest house, un ristorante dall’alto della più caratteristica costruzione su di una grande roccia e botteghe artigianali, il tutto non ancora invaso da viandanti, descritti come molto interessanti i trekking che da qui partono, da qualche ora a una settimana intera tra le montagne. Terminata la visita prendiamo il percorso che ci porta a Nizwa (circa 50 km), uno dei punti turistici di più alto richiamo dell’Oman, città di antiche tradizioni religiose (descritta come la casa di più imam dissidenti e altamente conservatrice), dove pernottiamo all’albergo di più alto livello del viaggio. Tempo di doccia e poi via nel centro cittadino col grande parcheggio antistante al moderno suq riservato ai mezzi turistici. Di sera le botteghe del suq sono chiuse ma il luogo è attraversabile all’interno di una cinta muraria moderna che porta fino al grande forte costituito da una piccola cittadella e da una torre (il maschio nei nostri castelli) imponente sia per altezza (40 m) sia per larghezza, illuminato in modo da renderlo un’attrattiva della notte. Appena fuori dal complesso si trova la grande moschea Al Qala’a nella quale, nonostante non ci siano celebrazioni, non c’è concesso entrare. Si è già fatto un orario tardo per le abitudini del luogo, ceniamo in un ristorante specializzato in shawarma, ogni tipologia servita con insalata e hummus, spesa minima con risultato ottimo. Rientriamo in hotel dopo aver percorso 288 km, tutti su asfalto in buone condizioni, pure la tortuosa strada che sale a Misfat.
Il mercato del pesce a Nizwa
15° giorno
Colazione a buffet in hotel, citando il mio amico Sam in vacanza perenne a Cartagena, "bisogna guadagnarci", e così è. Tappa al suq di Nizwa, che sarà meno caratteristico di quello di Sinaw ma in fatto di merci e capre non è da meno, solo tutto ben distribuito, pulito e ordinato oltremisura. L’esposizione delle capre è ancora più numerosa, gli affari prosperano, attraversiamo i distinti padiglioni testando datteri (27 tipologie diverse, buon appetito), la parte destinata a pesce e carne però pare una boutique, buona cosa per l’igiene ma tutto appare troppo commerciale, quindi zigzagando tra le molteplici costruzioni quello che impressiona maggiormente è il mercato delle armi, tutto regolare, all’aperto con possibilità di imbracciare fucili di vario tipo, non sparare, la civiltà è già qui con le sue limitazioni! Questa parte di mercato si trova prospiciente l’ingresso al forte che visitiamo rimanendone impressionati nonostante non sia così celebre rispetto a quelli incontrati il giorno precedente. Colpisce la grandiosa torre centrale, il maschio del castello, alla quale si accede su scale che nascondono pertugi per gettare olio caldo su possibili invasori, ma pure botole che si aprono una volta sfondate le porte, geniali nella protezione all’interno della fortificazione maggiore del complesso. Si sale e si scende nella restante parte dedicata alle abitazioni, c’è anche un ampio museo a raccontare la storia del forte eretto nel XVII secolo, la visita totale richiede ben oltre un'ora, non preventivata, poi ci sarebbero gli spettacoli nel cortile, con gendarmi dotati di khanjar splendidi, acquistabili per cifre non banali, certamente un souvenir che più tipico non si può, da capire come farlo passare nelle dogane. Lasciamo Nizwa per attraversare i Monti Hajar optando per il percorso di Hatt e Wadi Bani Awf con la strada asfaltata che nel giro di pochi km sale fino ai 2.000 metri del belvedere di Shorfat Al Alamayn, da Nizwa sono poco più di 60 km ma la salita di oltre 1.500 m è tutta negli ultimi 21 km. Salendo si scorgono belle vedute sui monti e sui canyon, il vento si fa possente e al belvedere la temperatura precipita, quassù non c’è nulla, scendendo di qualche centinaio di metri s’incontra un albergo (che pare desolato) e un posto dove piazzare le tende, ma attenzione, occorre avere un’attrezzatura idonea al freddo della montagna, non certo quello del caldo deserto omanita. Qui termina l’asfalto, ora si prosegue su sterrato a strapiombo nel nulla, viste spettacolari, i rari incroci con mezzi che risalgono non proprio semplici, soprattutto quando ci sono mezzi da trasporto carichi di tutto. I 26 km che separano il belvedere da Tikhah sono sì spettacolari ma pure complessi, per passaggi impervi e buche che fanno saltare a più non posso. Lungo il percorso ci sono alcuni villaggi dov’è richiesto di non entrare coi mezzi e comunque se non necessario non entrare proprio, come Hatt o Bylad Said, Hatt si scorge dall’alto quando dal passo si precipita a valle, per l’altro villaggio occorre svoltare a sinistra dal sentiero, non si avvista se non una volta giunti al limitare. Facciamo tappa prima di questa svolta a un wadi che porta a una cascata al momento senz’acqua, qui fanno campo un nutrito gruppo di francesi con svariati bambini di 2-3 anni, sicuramente lontano dall’aria insalubre. Riprendiamo il sentiero che sale, quando si oltrepassa un campetto da calcio con erba sintetica (nel giro di qualche km non c’è nulla) la valle si apre e proprio sotto ai nostri piedi si trova la Gola del Serpente, uno stretto e impervio canyon che connota la vallata in direzione nord. Accesso possibile solo agli arrampicatori attrezzati. Per aggirare il canyon il sentiero volge a ovest scendendo nel wadi fino alle poche case di Bait Bimah dove facciamo una sosta direttamente nel wadi all’ombra in compagnie di capre dalle lunghe corna. Da qui, per chi ha tempo, gambe buone e spirito intrepido, c’è la possibilità di addentrarsi nel canyon, da percorrere per svariati km oppure ritornare qui, non si esce se non al termine a meno di non scalare alte pareti. Riprendendo il sentiero si sale e occorre tenere la destra all’unico bivio che s’incontra, seguendo dall’alto il canyon, si attraversa l’area di Wadi Bani Awf dov’è possibile campeggiare, ma arrivando da Nizwa non è sempre certo che il percorso sia agibile, e soprattutto va previsto il passaggio solo e unicamente nelle ore di luce. Incontriamo l’asfalto prima di Tikhah, da qui è una sgambata giungere a Nakhal, 55 km che ci separano dal più celebre dei forti omaniti. Peccato che questo grande forte sia in ristrutturazione, fortunatamente la parte a sud, pure illuminata dal sole, è già stata sistemata e così percorrendo l’anello esterno è possibile vederlo nella sua luce migliore, dispiace non poter entrare. Ma Nakhal è nota agli abitanti locali per un’altra caratteristica che incontriamo attraversando l’esteso palmeto nella zona a sud, la sorgente d’acqua calda di Ain Al Thwarah invasa di gente di venerdì. Luogo ideale per starsene in relax nel mezzo di un wadi percorso da acque calde e minuscoli pesciolini che puliscono i piedi mangiando la pelle morta, tutti gli avventori hanno al seguito montagne di cibo a qualsiasi ora, certo, dopo la solitudine dei monti Hajar qui par di essere in un centro commerciale il sabato mattina, ma poco male, si può lasciare il posto quando si vuole, nessun biglietto d’ingresso, giusto qualche problema di parcheggio, anche se un nostro autista ne approfitta per mettersi nel mezzo del fiume a valle a lavare il pick-up. Ultima parte di trasferimento verso Muscat dove alloggiamo in città ma più prossimi all’aeroporto, non distanti dalla Grande Moschea, anche questa una struttura di appartamenti completamente accessoriati con pure spazio dedicato alle colazioni. È già scesa la sera quando prendiamo possesso delle camere, ceniamo all’attiguo ristorante iraniano, bello, quasi lussuoso, ampio ma quasi tutto pieno, che esibisce un ricchissimo buffet a prezzo fisso al quale si devono aggiungere solo le bevande. Qualità e quantità di alto livello, con pochi riyal ci si rende satolli, al termine di una giornata dove abbiamo percorso 261 km, la parte finale su autostrade non a pagamento, il sentiero di montagna in difficili condizioni di sterrato.
continua...