Ogni fotografo ha il suo stile e i suoi soggetti preferiti: c'è chi si dedica ai paesaggi e chi all'architettura, chi fotografa solo volatili e chi si concentra su minuscoli insetti, chi ama la street photography e chi - chiamalo fesso - il nudo artistico. Chi mi conosce un po' sa che a me piace ritrarre la gente ma, ciò nonostante, in Abcasia non ho potuto fare a meno di dedicarmi a un tipo di soggetto per me inconsueto. Vi spiego perché.
L'interno dell'ex parlamento di Sukhumi - Archivio Fotografico Pianeta Gaia
L'Abcasia, internazionalmente conosciuta come Abkhazia, è un territorio precedentemente appartenente alla repubblica sovietica della Georgia, che nei primi anni '90 - dopo il crollo dell'Unione Sovietica - si dichiarò indipendente, temendo che l'ascesa al potere di un governo georgiano dai tratti nazionalisti ne limitasse l'autonomia. La situazione non tardò a degenerare in una delle tante "guerricciole" che sono quasi passate inosservate dai nostri telegiornali e che ben pochi di noi ricordano, al termine della quale l'Abcasia, spalleggiata dal poderoso esercito russo, ottenne un'indipendenza de facto. Una rivoluzione tutt'altro che di "velluto", come invece si verificò ad esempio sulle coste del Baltico, punteggiata non solo da scontri a fuoco e bombardamenti ma anche da numerosi episodi di vera e propria pulizia etnica, con efferatezze da entrambe le parti.
La stazione ferroviaria abbandonata di Psyrtskha, vicina a New Athos - Archivio Fotografico Pianeta Gaia
Che l'Abcasia sia la terra degli Abcasi lo dice la parola stessa, ma chiunque abbia un minimo di conoscenza della storia della regione del Caucaso sa che questa è sempre stata contrassegnata da continue invasioni e ribaltamenti che difatti hanno visto questo territorio, per restare solo negli ultimi secoli, occupato dagli Ottomani e dominato dai Russi, che in epoca zarista spinsero gli Abcasi a emigrare in massa per sfuggire alle oppressioni. Fin qui tutto, tristemente, normale. L'anomalia che distingue l'Abcasia dagli altri non pochi territori ex-sovietici in cui si sono verificate situazioni del genere - dal Nagorno-Karabakh alla Transnistria, dalla Crimea all'Ossezia del Sud - consiste nel fatto che gli Abcasi erano, all'epoca dei fatti, un'autentica minoranza: in un censimento del 1989 risultavano essere meno del 18% della popolazione, percentuale più o meno stabile a partire dagli anni '30, quando la regione ebbe un deciso aumento demografico soprattutto grazie all'afflusso dei Georgiani, che difatti rappresentavano all'epoca quasi la metà della popolazione.
La stazione ferroviaria abbandonata di Gagra - Archivio Fotografico Pianeta Gaia
La guerra, protrattasi tra il 1991 e il 1993, ha visto la minoranza abcasa prevalere sulla maggioranza georgiana la quale, oltre alle perdite umane durante il conflitto stimate, a seconda delle fonti, tra le 10.000 e le 30.000, è stata ulteriormente erosa dall'inevitabile alto numero (circa 200.000) di profughi fuggiti in Georgia e alloggiati alla meno peggio dal governo di Tbilisi, situazione che per la maggior parte di essi si protrae tutt'ora. Nel 2003, a dieci anni dal conflitto, gli Abcasi erano poco meno della metà della popolazione ma gli abitanti complessivi sono passati da essere oltre 500.000 alla fine dell'epoca sovietica agli attuali poco più di 200.000.
Interno dell'ex parlamento di Sukhumi - Archivio Fotografico Pianeta Gaia
Ne consegue che oltre la metà delle abitazioni è in rovina, in minima parte distrutta ma in maggior parte semplicemente frettolosamente abbandonata, cosa che ha consegnato all'Abcasia il non invidiabile record di opportunità fotografiche per gli appassionati di un soggetto fotografico che finora avevo poco praticato: i luoghi abbandonati. Anche le ferrovie abcase - nonostante qualche intervento ad opera dei Russi soprattutto per ripristinare i contatti tra la non distante Sochi e la capitale abcasa Sukhumi - furono sistematicamente colpite durante il conflitto e hanno la maggior parte delle stazioni in stato di abbandono. Stessa sorte è toccata all'ex parlamento di Sukhumi, teatro di brutalità durante gli scontri e forse anche per questo motivo lasciato nello stato in cui si trovava, quasi come un monito.
Stazione ferroviaria abbandonata di Sukhumi - Archivio Fotografico Pianeta Gaia
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