segue...
29° giorno
Alle 6 di mattina un taxista che abita nello stesso condominio dell’hotel ci porta in aeroporto dove le pratiche sono velocissime. L’aeroporto è più grande di quello di Mandalay ma non particolarmente trafficato, le 2 ore di anticipo che sono consigliate ci portano ad avere tanto tempo a disposizione da impiegare giusto leggendo visto che c’è ben poco da fare, i pochi bar hanno prezzi occidentali e di negozi da visionare poca traccia, unica nota positiva il fatto di non dover più pagare la tassa d’uscita, gabola che fino a poco tempo fa veniva regalata come ultima gabella nazionale ai viaggiatori, chi non si presentava coi soldi contati rischiava di rimetterci tutto quanto gli spettava di resto dai 10$ indicati, non pagabili in kyat. Il volo AirAsia parte puntuale ma impieghiamo 30’ in più del previsto, le pratiche al Don Meaung di Bangkok sono veloci, col bus A1 ci avviciniamo al centro, col 59 arriviamo nei paraggi di Khaosan Road, il tanto tempo è dettato dal fatto che la città inizia a paralizzarsi per l’imminente shutdown. Ritorniamo alla fida Cozy Thai G.H. dove lasciamo gli zaini e usciamo per pranzo al Number One, al fianco del quale compriamo da subito il passaggio all’aeroporto del giorno seguente e anche qui causa blocchi in città ci segnalano come la situazione sia di confusione e occorra partire oltre 4 ore in anticipo rispetto al volo. Con un tuk tuk raggiungiamo la zona centrale di Siam Square, la pacchia dei centri commerciali dove il meglio della tecnologia di ogni tipo fa sfacciata mostra di se (elettronica, abiti, auto, calzature, ecc…). Vero, un chilometro abbondante di centri commerciali sottoforma di grattacieli o stravaganti strutture sono lì per essere assaliti dai turisti arrivati da ogni parte del mondo, tutti presentano i medesimi marchi a prezzi non così diversi da quanto si possa trovare da noi con buone ricerche, ovvio che novità di cui noi abbiamo solo sentito parlare qui facciano già capolino in negozi dal design fantascientifico, tra scale colorate che suonano note differenti ad ogni passo. Ma tutto questo non fa per noi, meglio riagganciarci alla realtà ed entrare nel contesto dello shutdown, la grande protesta antigovernativa che si sta preparando per bloccare la città. Alle truppe di governo, distinguibili per i vestiti rossi ma di fatto non presenti in strada, sostenitrici della leader appena deposta (sorella dell’ex tycoon locale che tramite lei gestiva il potere dall’estero, re dei media che si è preso il paese, ricorda qualcosa…?) si contrappongono i gialli, dal colore della monarchia thailandese che non solo ne chiedono la cacciata definitiva ma vogliono cambiare il sistema di voto, questi già da alcuni anni sono i più attivi sul terreno e “possiedono” larghe parti della città, solo che oggi manifestano anche i bianchi, a me sconosciuti. Quindi come non interessarsi a questi accadimenti nel mezzo di una città in rivolta? Vengo così a imparare che i bianchi, una specie di borghesia locale, sostengono la cacciata della premier ma vogliono votare quanto prima con l’attuale sistema elettorale, una situazione intricata che sarà meglio approfondire. Dopo varie interviste improvvisate, dove i bianchi risulteranno ben più timorosi nell’esporsi rispetto ai gialli, rientriamo nella nostra zona con non qualche problema di viabilità in tempo per un massaggio articolare e per cenare in una delle tante bancarelle lungo Rambutri, terminando la serata a una manifestazione dei gialli che occupano per intero la grande Ratchadamnoen Klang Road fino al monumento alla democrazia, non un caso. Qui tra musica, comizi, bancarelle, cavalli di frisia, sacchi di sabbia come ai tempi di guerra, si fa festa e ci si prepara a resistere, gli stranieri sono i benvenuti perché il carattere pacifico delle dimostrazioni deve essere visibile al mondo interno. Oggi è venerdì, il blocco totale è previsto per lunedì, fervono i preparativi, il centro città, comprese le zone dei backpackeristi, si devono adeguare, ma poco male poiché anche questa è una maniera per fraternizzare.
Bangkok, capitale dello shopping
30° giorno
Colazione in hotel, si ritorna alle immancabili uova tra le altre cose minori proposte, in tuk tuk raggiungiamo la stazione di partenza della metropolitana di Hualamphong, la stazione ferroviaria principale della città, da cui partiamo con destinazione Chatuchak Park che si trova a 15 fermate di distanza per il vastissimo mercato del fine settimana. Alle numerose entrate vien distribuita la guida del mercato, utile per comprendere come muoversi e che settori prediligere, per girarlo tutto, comprese le bancarelle attigue sulle vie limitrofe invase in ogni maniera, non è sufficiente una giornata intera, il mercato è dotato di svariati servizi, bancomat e cambiavalute, servizi igienici, ristoranti e bar di ogni tipo (cucine di tutta l’Asia a confronto, testato un valido kebab ma attenzione alle bevande, spesso più care del cibo), volendo si può far giornata alla grande, le merci esposte si assomiglino ma è ovvio vista la quantità di prodotti presenti. Il mercato apre alle 9, ma meglio arrivare un po’ dopo perché più negozi aprono in ritardo. Vi è anche una parte più culturale con artisti a esporre le loro opere, un diversivo interessante nel mezzo dell’ultimo modello Nike (arrivano ad un massimo di circa 40€ ma tutto è trattabile e tanti modelli sono molto più economici) o di una collezione rarissima di All Stars, oppure collanine del mercato equosolidale in presa diretta. Rimane comunque il luogo giusto per far man bassa di souvenir dell’ultimo momento in modo da non appesantire anzitempo lo zaino, ma rimane soprattutto il posto adatto a rifarsi il guardaroba alla moda (anzi, per chi ama questi aspetti, precedendola) con spesa irrisoria. Ovviamente dilatiamo i tempi, rientriamo in metropolitana e da Hualamphong in tuk tuk, solo che la città è paralizzata causa shutdown, accorciamo i tempi dicendo al conduttore di non fare il solito giro che prevede uno stop ad un negozio di vestiti su misura che gli paga la benzina (e che dimezza la spesa del tuk tuk) ma comunque è tardi per la nostra partenza per l’aeroporto, nemmeno il tempo per una doccia, giusto quello per prenderci un frullato al Number One da dove un incaricato dello shuttle ci preleva a piedi per intraprendere un interminabile giro del centro bloccato in ogni dove. Impieghiamo un’ora per circumnavigare la zona attorno a Khaosan Road, usciti da qui il pulmino viaggia a una velocità interspaziale fino all’aeroporto che raggiungiamo dopo 1:45, in largo anticipo rispetto alla partenza del volo Oman Air al solito puntuale. Espletate velocemente le formalità aeroportuali abbiamo tempo per attendere in relax l’imbarco, e dopo le corse da Chatuchak Park a qui ne abbiamo bisogno, appena decollati inizia la lunga trafila di servizi di bordo che terminano dopo 6:20 quando atterriamo a Muscat.
Magliette rosse in protesta durante lo "shutdwon"
31° giorno
La sosta questa volta prevede alcune ore, così trovo spazio su di una comoda panchina in luogo nascosto (oltre gli imbarchi dal 21 al 24 dopo le scale in cui scendere a questi) dove schiacciare un pisolo di 2 ore per poi passare al nuovo imbarco verso Milano sempre con volo Oman Air, arriviamo con 7’ di ritardo poiché non si può sorvolare lo spazio aereo siriano e siamo costretti a una deviazione, ma poco male. È prima mattina a Malpensa, sarà anche per questo con pochi voli da scaricare che i bagagli ci vengono riconsegnati velocemente, attesa di pochi minuti per il Malpensa shuttle verso la stazione centrale dove arriviamo nel mezzo di una nebbia che si è impadronita della città mentre all’aeroporto ci è stata regalata una bella alba colorata. Poco meno di un’ora di attesa e un Freccia Rossa in arrivo da Torino parte verso Napoli, così da lasciarci a Bologna nell’inverno della nostra città che poi non è nemmeno un inverno così ostico come altre volte, anche se il cielo è coperto, dopo quasi un mese di blu intenso nelle volte del Myanmar è una novità, possibilmente da scacciare quanto prima affondando il dispiacere del rientro in un piatto di fumanti tortellini ma già pronti a programmare il prossimo viaggio, che poi più che programmare significa pensare a una meta e permearsi dei suoi miti e delle sue storie. Alla prossima.
Il mercato del fine settimana a Chatuchak Park
2 note di commento
Il viaggio si è svolto tra dicembre e gennaio, stagione secca, caldo non umido ma freddo decisamente intenso nelle notti in montagna (di giorno ritorna sui 25/28°), zona Lago Inle per intenderci. In Myanmar servivano indicativamente 1.000 kiat per un dollaro e 1.350 k per un euro. Tutti i pernotti sono pagabili in dollari (causa tasse governative i costi dei pernotti sono mediamente il doppio di Laos e Cambogia), mentre per le spese comuni si usa il kyat, il cambio sui 1.000 k per dollaro facilita il tutto. Nonostante quasi tutte le guide di viaggio riportino che non sia possibile prelevare dai bancomat con carte straniere queste ristrettezza è stata sorpassata, non tutti gli ATM operano con carte Cirrus/Maestro ma si può fare (io non ho avuto problemi), a questo indirizzo vi sono indicati gli sportelli autorizzati :
http://www.mastercard.com/global/atmlocations/index.html
Gli uffici di cambio si trovano ovunque, sia per dollari sia per euro, i tagli da 100 sono cambiati a interessi migliori, ma occorre che le carte siano in perfetto stato e per quanto riguarda i dollari meglio, se non obbligato, che siano quelle nuove.
I cellulari non hanno copertura poiché non esiste roaming per le compagnie straniere, ma il wi-fi si trova quasi ovunque, anche se la lentezza è imbarazzante soprattutto a nord e l’energia elettrica spesso s’interrompe ponendo così fine alle navigazioni. Si possono comprare schede telefoniche internazionali atte a chiamare all’estero ma non possono ricevere telefonate e messaggi. Per muoversi con motorini a nolo fondamentale procurarsi una mascherina per la polvere, presente in quantità incredibili nei luoghi più remoti, sovente i più affascinanti, ma in più posti non è possibile affittarli, come a Bagan (ristrettezza x stranieri) o a Yangon dove non possono circolare. Con la lingua inglese normalmente si riesce a interloquire ma nei villaggi diventa più problematico, però anche il semplice frasario presente sulle guide può esser sufficiente e comunque qualche parola in lingua locale farà piacere e avvicinerà. Il cibo, almeno per chi è abituato alla buona tavola, non è sicuramente l’esperienza prioritaria in Myanmar, ma è più vario che in altri stati del sudest asiatico, interessante la mangiata tipica birmana anche se più curry possono risultare troppo forti. A differenza del costo del pernotto, il cibo ha prezzi simili agli stati della zona. Acqua da bere solo e rigorosamente in bottiglia, nessun problema per il ghiaccio, viene tutto prodotto in apposite fabbriche e distribuito ovunque, quindi gustatevi senza timore qualsiasi bevanda, mentre il caffè si trova quasi esclusivamente nella maniera coffee mix, ovvero polvere mista tra caffè, latte e zucchero, ci si abitua, ma non è una prelibatezza. Per entrare occorre esser muniti di visto, da richiedere all’ambasciata a Roma (25 € più spese di spedizioni, 15/20gg tra invii e pratiche), durata 3 mesi e una volta entrati categorici 28 giorni non rinnovabili, anche se durante il viaggio qualche voce parlava di una sovrattassa di 3 $ per ogni giorno in più. Volendo si può richiederlo anche a Bangkok in 2/3 giorni, tempo però che va preventivato in anticipo. Per entrare, fino a settembre 2013 agli stranieri era permesso farlo solo via aerea, in seguito i valichi via terra con la Thailandia son stati aperti e consentono di girare gli stessi luoghi, alcune parti però non sono visitabili come il Chin State (terreno di scontri tra buddhisti e mussulmani ) o raggiungibili ma non via terra come l’estremo nord, il Rakhaing State o Kengtung (triangolo d’oro), dove occorre accedere in aereo o nave. Il sud invece pare visitabile in libertà da pochi mesi. Tutte le principali città o luoghi di interesse sono raggiungibili facilmente coi mezzi pubblici a costi contenuti, più elevati quelli via nave anche se ben più belli, rilassati ed emozionanti. Purtroppo in questo periodo non è possibile risalire l’Ayeyarwady (chiamato così in Myanmar mentre per il resto del mondo è l’Irrawaddy) da Mandalay a Myityina perché le acque son troppo basse.
I luoghi di culto buddhisti son visitabili solo scalzi, attenzione perché la sporcizia regna sovrana, oltre a rifiuti di ogni genere buttati alla bell'e meglio, vedrete strade e percorsi coperti di rosso, causa i continui sputi dettati dal prodotto delle foglie di betel succhiate col ginger al proprio interno, la droga nazionale di cui nessuno riesce a far senza, come facile comprendere vedendo un numero infinito di camion che trasportano queste foglie.
In Thailandia un euro corrisponde indicativamente a 44bath, un dollaro a quasi 32b.