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La foglia d'oro in Birmania

Quando la strada per il Paradiso è lastricata d'oro
29 Settembre 2018

 

La foglia d’oro è onnipresente in Birmania e Mandalay è il posto giusto in cui conoscere la storia di questo prodotto precipuo della cultura birmana, ancor più affascinante se si considera la notoria povertà del paese.

 

Martellatori all'opera - Archivio Fotografico Pianeta Gaia

 

Per ottenere la foglia d’oro del sottilissimo spessore richiesto, serve molto tempo e un duro lavoro, ancora svolto interamente a mano, che ho potuto ammirare in una manifattura locale. Si parte da piccoli lingotti d’oro del peso di circa 55 grammi, ridotti da un estrusore in una striscia più sottile che viene tagliata in 5 pezzi, ognuno dei quali tagliato in 200 pezzi uguali. Ogni pezzo viene messo tra due fogli di resistente carta di bambù (alcuni usano pelle di daino), poi viene appoggiato su una lastra di roccia e colpito ripetutamente per mezz’ora con una mazza con una testa di acciaio di quasi 3 kg. Dopo questo primo passaggio, i pezzi vengono tagliati in ulteriori 6 pezzi e di nuovo sottoposti a un altro martellamento di mezz’ora. Dopo la seconda sessione di martellate, i pezzi vengono tagliati in tre e sottoposti alla martellatura finale, che dura ben 5 ore.

 

I fogli d'oro si assottigliano sotto i colpi dei martellatori - Archivio Fotografico Pianeta Gaia

 

Il martellamento richiede molta forza, senza contare che i continui colpi surriscaldano l’oro che non sempre si mantiene all’interno della carta di bambù. Oltre alla durezza e ripetitività, questo lavoro viene spesso svolto in condizioni climatiche poco favorevoli (in Birmania è spesso molto caldo e umido e non c’è certo l’aria condizionata), senza contare il rumore prodotto dai colpi. Da un punto di vista del turista vedere i martellatori al lavoro è uno spettacolo affascinante, vagamente ipnotico: per tenere il giusto ritmo, gli operai fanno ricorso a una specie di clessidra ad acqua, ricavata da una mezza noce di cocco, che si svuota dopo 120 colpi, cosa che avviene circa 18 volte in un’ora, in pratica servono più di 10.000 martellate per ognuno dei singoli pezzi che, a forza di divisioni, sono diventati 3.600. Fate voi i conti su quante martellate servono per finire di lavorare il lingotto iniziale…

 

La certosina divisione dei sottilissimi fogli d'oro - Archivio Fotografico Pianeta Gaia

 

A tutto questo, va aggiunto il procedimento per ottenere la preziosa carta di bambù, operazione che richiede il taglio di piante di circa 6 mesi in strisce che vengono poi lasciate per tre anni in giare di ceramica piene di acqua e succo di lime. In seguito le strisce vengono lavate per 3 giorni, pestate in un mortaio per 15 giorni e poi battute con martelli per diverse ore, operazioni queste che invece vengono svolte generalmente da donne.

 

Fedeli che applicano foglie d'oro su una venerata statua di Buddha - Archivio Fotografico Pianeta Gaia

 

Alla fine di tutto, il lingotto iniziale ha raggiunto l’incredibile spessore di un millesimo di millimetro, così fine che basta un soffio per incresparlo, e può essere considerato trasformato in foglia d’oro. Viene tagliata in quadrati di diverse dimensioni, generalmente tra i 3,5 e 5 centimetri di lato, e messa tra due fogli di carta leggermente più grandi e impacchettati, un compito che di norma viene svolto da donne che si cospargono le dita di talco, per impedire che i fogli si appiccichino alle dita. I singoli fogli ormai sono talmente sottili che anche il loro valore economico è stato ridotto in proporzione e con pochi euro se ne possono comprare dei pacchetti, come fanno i locali.

 

A forza di applicare foglia d'oro, spesso le forme originali delle statue di perdono - Archivio Fotografico Pianeta Gaia

 

Ma che fine fa tutto questo oro? Sono diversi gli usi che se ne possono fare: decorazione degli splendidi manufatti in lacca, addirittura come ingrediente di alcune medicine tradizionali o applicata sul volto dalle donne come cosmetico. Ma la stragrande maggioranza viene utilizzato in contesti religiosi, per ricoprire gli stupa dei templi più importanti ma ancor più spesso applicato sulle più venerate statue del Buddha, a cui i fedeli si avvicinano più o meno ordinatamente per applicare le foglie d’oro. Questa consuetudine è talmente diffusa che, a forza di aggiungere foglia d’oro su foglia d’oro, le figure originali appaiono sempre meno riconoscibili, in alcuni casi ormai trasformate in informi ammassi dorati, costringendo non di rado i monaci a limitare – quando a non impedire del tutto - l’applicazione delle foglie d’oro sulle parti artisticamente più pregiate, come il volto. Vi sono anche casi di statue che sono state poste dietro a un vetro, ma i fedeli hanno cominciato ad applicare la foglia d’oro al vetro, e poi anche all’inferriata che è stata messa successivamente davanti al vetro. Non è solo l’oro ad essere offerto: ogni anfratto è buono per lasciare una banconota e le donazioni, benché spesso di piccolo taglio, sono talmente numerose che servono stuoli di volontari per raccogliere e conteggiare quanto incassato giornalmente, come mostra la mia foto riprodotta qui sotto.

 

Serve uno stuolo di persone per contare i soldi delle offerte - Archivio Fotografico Pianeta Gaia

 

Ciò è dovuto al fatto che tradizionalmente i Birmani non hanno un conto corrente bancario e sono pochi quelli che risparmiano perché la tradizione vuole che i soldi in più non vengano messi da parte per il futuro ma piuttosto usati per comprare le foglie d’oro da applicare alle statue del Buddha. Questo fa “acquisire dei meriti”, concetto tipico del Buddhismo Theravada seguito in Birmania, cosa che permetterà un migliore karma e quindi un avvicinamento al raggiungimento del Nirvana a cui tende ogni Buddhista. In pratica, più che in titoli di stato, i Birmani investono i propri risparmi nel proprio futuro spirituale.

 

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