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12 agosto
Colazione fuori, al sole, anche per evitare i cattivi odori di cucina e gasolio. Partiamo per la Nubra Valley “di destra”, ma sappiamo già che dovremo fermarci prima di Panamik - l'ultimo villaggio dell'estremo Nord dell'India - perché la strada è stata portata via dalla pioggia e dalle frane del 3 agosto. All'indietro, la strada che avevamo già fatta all'arrivo ci riappare tosta e pericolosa: passa sopra zone di scarico delle pietre e della sabbia che viene giù dai monti, sabbia finissima che non capisco da dove venga.
Il fiume è larghissimo, un continuo susseguirsi di isole di sabbia, lagunette, oasi. Continuiamo in questa spettacolare vallata, tra zone felici di oasi verdissime e fiorite: casette, orti, albicocchi, orzo, erba tagliata e messa ad asciugare sui tetti, bimbe in divisa per andare a scuola, pioppi altissimi con le foglie che si agitano al vento. Arriviamo al punto temuto: la strada è interrotta, bisogna tornare indietro. Lo facciamo e arriviamo al punto di partenza, ci inoltriamo ancora indietro nella valle fino a trovare la strada che porta con altri guadi al monastero di Samthaling. Siamo fuori dalle solite rotte, Yogesh conosce bene il lama di riferimento, per cui possiamo visitare oltre al monastero della metà dell'ottocento, anche la parte dedicata alla scuola.
Foto di gruppo coi monaci al monastero di Samthaling
Visitiamo le aule, mentre i lama maestri insegnano agli studenti: bambini dai 5 fino ai 14 anni, dopo vengono spostati nei grandi monasteri del sud. Ne vediamo anche uno piccolissimo, di tre anni, lasciato dal padre nepalese, testimonianza di fede assoluta o forse non non poteva più mantenerlo.
Ho fotografato le aule, un po' buie, un po' disordinate, ma con l'insegnante – anche di inglese – ogni due o tre bambini. Facciamo un'offerta di 1000 rupie (15 €): sono molto contenti, rilasciano ricevuta e poi ci invitano mangiare il loro cibo, riso e cavolfiori, molto buono. Assistiamo anche al lavaggio delle stoviglie dei monaci/bimbi, anche quello di 3 anni. Ripartiamo e torniamo a Hunder, al campo tendato, dove prendiamo ancora un po' di noodles e di involtini, oltre al tè. Ora scrivo, Angelo si riposa e alle 16:30 partiamo per le dune di sabbia.
Non ci aspettavamo molto, invece la passeggiata nelle dune del deserto di Nubra è stata memorabile. Tutta la nostra visita alla Nubra Valley avviene dieci giorni dopo le bombe d'acqua che hanno distrutto le strade, qui le montagne sono di fango, dice la nostra guida Sang Dup. Un lavoro enorme per la B.R.O, la Board Road Organization, che controlla le strade di confine tra India, Pakistan e Cina.
Le dune di sabbia nella Nubra Valley
Nel Ladakh non esiste il monsone, la catena dell'Himalaya lo devia verso il basso. Ma il cambiamento climatico si fa sentire: tutto il corso insabbiato dello Shyok era acqua, ora prosciugato per mancanza di neve sui ghiacciai.
13 agosto
Sveglia con una giornata di sole: perfetta per la risalita al passo Khardong La. Colazione e partenza. La luce è meravigliosa, ci fa apprezzare di più il colore delle montagne intorno, il verde della nostra oasi. Perfetto!
Rifacciamo la strada, ma la godiamo di più e apprezziamo le dune che sono molto più visibili. La vastità del paesaggio è impressionante, come una conca di Cortina che si estenda per chilometri e chilometri. Arriviamo a Khalsar, che è il paese distrutto dalla bomba d'acqua, e si crea un blocco terribile tra le nostre macchine, i camion e le ruspe al lavoro. Ora siamo fermi per aspettare altre macchine.
Angelo ne approfitta per fare domande a Sang Dup sulla religione e sulla sua religiosità. Appuriamo che i buddisti non hanno una festività settimanale, ma solo feste religiose speciali nel mese e nell'anno. Che lui, come tutti i giovani - ha 29 anni, è sposato con un bimbo di 2 anni - non è religioso praticante, ma rispetta la religione, e soprattutto l'insegnamento morale e il comportamento morale che richiede.
Noi siamo saliti un po' per riuscire a vedere dall'alto la situazione strada: dietro di non non è più passato nessuno, evidentemente danno la precedenza ai camion che scendono. Finalmente sono avvistati i nostri, ripartiamo. Siamo oltre i 4600 metri, e ci sono rose canine fiorite e viole.
La neve lambisce la strada nei pressi del passo di Khardong La
Siamo di nuovo al passo, gran confusione. Angelo va subito a farsi misurare la pressione: 170 massima e 100 minima. Ci rimane molto male, non vuole crederci, e si stupisce che non gli diano nulla per curarsi. Tutto sommato è una pressione ragionevole data l'altezza (5600 m.), l'età, ecc. Prendiamo un tè e discendiamo. Strada già nota e terribile: lo strapiombo tra noi e la prima strada sottostante è di 900 m, misura a occhio Angelo.
Dall'alto, appena si scende e si apre la valle, si vede in fondo Leh, la sua incredibile oasi verde, gli anfiteatri, forse vulcanici, colmi di sabbia – avevamo visto il campo da golf militare – oppure di verde. Torniamo per pranzo al nostro albergo, un po' di confusione di camere: ci cambiano la nostra e ne acquisiamo una più comoda, grande, con bella vista.
Riposiamo pochissimo e poi subito in giro senza Sang Dup, ma con un Yogesh un po' inverso. Dobbiamo visitare il Palazzo Reale che lui ci dice difficile da farsi aprire perché il 15 agosto - anniversario dell'Indipendenza dell'India - chiudono tutto per la grande festa che si tiene allo stadio con il Capo Gabinetto del Ladakh. Noi diciamo che almeno di fuori lo vogliamo vedere bene. Poi lo troviamo perfettamente aperto, paghiamo il biglietto, e lo visitiamo completamente fino all'ottavo piano: solo il nono è irraggiungibile.
Interessantissimo, vastissimo, molto in restauro, ma fermo per mancanza di fondi: l'inondazione del 2010 ha messo in ginocchio il Ladakh. Discussione con Yogesh, tanto per cambiare, sul concetto di conservazione e restauro, e naturalmente ognuno rimane della propria opinione. Tutto il palazzo è incredibilmente in mattoni crudi, con mura spessissime, le grandi travi di legno orizzontali come leganti e basi per l'alzato superiore. Terrazze, balconcini, ripiani diversi: ai piani alti una festa per gli occhi guardare la città ai suoi piedi.
Il Palazzo Reale a Leh
Nell'interno si visita la cappella reale privata, l'appartamento reale con la sala delle accoglienze, con colonne di legno e capitelli decorati scolpiti e colorati, qualche traccia di affresco. Grandi crepe nei muri. Uscendo rimango ancora colpita dal portone d'ingresso con colonne di legno formate da un fascio di pali più sottili. Non si riesce a capire cosa è del '400 e cosa pù tardo - il palazzo è stato abitato dal re fino a meta '800 -, però la sala di ricevimento al settimo piano è sicuramente antica. Certamente è stato costruito sulla roccia, la stessa che più in alto regge il monastero: lo vedi sulla cima che domina tutto. Soddisfattissimi tutti, andiamo poi a fare un giro a Leh e noi ci stacchiamo per andare in una libreria.
L'appuntamento con gli altri è alle 19:30 per un aperitivo in città. Enzo ci guida in un ristorante che, al buio e un po' stanchi, non vado a guardare bene: pare abbia un bel giardino, ma noi ci fermiamo subito sui divani orientali sotto la tenda dove ci togliamo nuovamente le scarpe. Ci dividiamo tra coca-cola e birra, con due pizze margherita tagliate a spicchi per tutti e buonissime, pare un consiglio di Sang Dup a Enzo. Per fortuna torniamo in taxi, schiacciati in sette in un micro pulmino alle 8 passate. Alle 9 cena. Poi tutti d'accordo a nanna. Scrivo prima di dormire e forse si capisce.
continua...
Kashmir e Ladakh, di Angelo e Mariangela - I
Kashmir e Ladakh, di Angelo e Mariangela - II
Kashmir e Ladakh, di Angelo e Mariangela - III
Kashmir e Ladakh, di Angelo e Mariangela - IV