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Mondi in bilico: Il Donga dei Suri

Il tradizionale combattimento coi bastoni popolare presso i Suri dell'Etiopia
08 Agosto 2013

 

Il donga o, con termine Suri (Surma), saginay, è una lotta che si tiene presso i popoli Suri e Mursi dell'Etiopia Meridionale. In una società machista come le loro, dove spesso gli uomini vanno in giro con dei kalashnikov al collo, è in realtà una maniera meno cruenta per dirimere le questioni o, più spesso, per mettere in mostra il proprio coraggio, soprattutto allo scopo di impressionare le ragazze in cerca di un marito impavido e vigoroso. L'evento al quale ho assistito, a Suri Kibish, era stato organizzato per la disputa della mano di una ragazza. All'evento poi si erano aggiunti anche altri giovani non direttamente coinvolti nella questione, allo scopo di mettersi in mostra. In un angolo in disparte, vi era la pelle di un leone recentemente ucciso in bella mostra, quasi come in una fiera paesana.

 

Un lottatore si concentra prima dello scontro con un avversario

Un lottatore si concentra prima dello scontro con un avversario - Archivio Fotografico Pianeta Gaia

 

Il periodo in cui è più facile imbattersi in questi combattimenti è dopo la stagione delle pioggie (di norma a giugno o dopo la seconda stagione delle pioggie tra luglio e settembre), quando non c'è carenza di cibo e gli uomini sono al massimo della loro forma fisica. Il donga si tiene in una largo spiazzo senza alberi. I combattenti partecipano dopo essersi purificati, scopo che raggiungono bevendo il dokai, una bevanda appositamente preparata aggiungendo all'acqua la corteccia di un particolare albero. Dopo aver bevuto il dokai, i guerrieri la vomitano e con essa anche le impurità. Dopo questa operazione non mangiano più fino alla mattina successiva. I gruppi dei combattenti, che possono venire a piedi anche da villaggi lontani parecchi chilometri, sono composti da un numero variabile di elementi, sui 20 o 30 circa (ma non è escluso che, infervorati dal clima, altri decidano di unirsi a combattimenti già iniziati), e prima del combattimento cantano e ballano, per caricarsi in vista degli scontri e più o meno indirettamente irridendo gli avversari. Di solito rasati a zero, si presentano praticamente nudi, senza la coperta legata a una spalla che di solito costituisce il loro unico indumento. Di norma i diretti interessati si coprono le parti più delicate (testa, ginocchia e/o stinchi, mani, gomiti e/o avambracci, collo) con protezioni ricavate da vegetazione intrecciata mentre altri, i più coraggiosi e i più esperti, o forse quelli che partecipano agli scontri con intenti più dimostrativi che altro, presentano poche o nessuna protezione, praticamente nudi come mamma li ha fatti. Alcuni portano collane o altre decorazioni al collo, date loro dalle ragazze alle quali dedicano la loro prova.

 

La ferocia dello scontro

La ferocia dello scontro - Archivio Fotografico Pianeta Gaia

 

Poi hanno inizio gli scontri veri e propri, durante i quali due componenti dei diversi schieramenti si affrontano, cercando di colpirsi con bastoni lunghi circa due metri. Più coppie possono affrontarsi simultaneamente, ma sempre uno contro uno. Di norma vi è una breve fase di studio durante la quale i due avversari valutano se affrontarsi o meno, dopo essersi scelti anche in base a una stazza similare. Se si "piacciono", cominciano a sferrarsi delle brevi serie di violenti colpi, di norma 4/5, prima che lo slancio nell'attacco, o la volontà di fermare lo scambio, costringa gli arbitri a separare i contendenti ormai troppo ravvicinati per potersi colpire. Anche se duramente colpiti, i combattenti simulano sempre indifferenza al dolore, anzi è proprio dopo aver subito un duro colpo che ci sono le più palesi manifestazioni di noncuranza al dolore, tipo sorridere apertamente o fare delle piccole danze. A volte gli scontri si risolvono dopo due o tre colpi, quando uno dei due capisce che la differenza di potenza e velocità con l'avversario è molta. Altri invece continuano a menarsi per decine di minuti. I colpi più pericolosi sono quelli al bersaglio grosso, nel caso colpiscano organi vitali come il fegato o lo stomaco, anche se forse il pericolo maggiore è legato al fatto che, preso dall'eccitazione, qualcuno dei convenuti decida di fare uso delle armi da fuoco che da queste parti abbondano. È assolutamente vietato colpire un avversario a terra. Un altro dei compiti dei giudici è quello di tenere a debita distanza il pubblico, che potrebbe intralciare il regolare svolgersi dei combattimenti e per fare questo fanno roteare i bastoni. Appena uno dei due fa cenno di non voler proseguire, subito l'altro si proclama vincitore e si appresta a sfidare un vincente dell'opposta fazione, fino allo scontro finale tra la coppia residua, come se fosse una gara ad eliminazione diretta. Spesso i colpi lasciano delle cicatrici sanguinanti sui partecipanti e i combattenti più esperti mostrano con fierezza il corpo nudo costellato dei segni lasciati dai bastoni in precedenti combattimenti. Alla fine dello scontro, il vincente viene portato in trionfo e osannato, anche se in realtà è un po' come se tutte e due le fazioni avessero vinto, essendo la cosa più importante aver dimostrato il proprio coraggio e la sopportazione del dolore. Il donga funge anche da informale preparazione alla lotta, visti il continuo stato di conflitto coi vicini Nyangatom.

 

Ferite sanguinanti sulla testa di un lottatore

Ferite sanguinanti sulla testa di un lottatore - Archivio Fotografico Pianeta Gaia

 

In occasione dell'evento a cui ho assistito ho conosciuto un campione di questa disciplina, che godeva di tale fama di combattente invincibile al punto che ormai non poteva più combattere, visto che gli avversari quando sapevano che lui vi prendeva parte, di norma si ritiravano. Si limitava a fungere da arbitro negli scontri, ma gli veniva comunque tributato un enorme rispetto. In confronto agli altri Suri visti combattere, costui era decisamente più basso della norma ma anche fisicamente più massiccio. Il donga è probabilmente il tipo di scontro più noto, ma anche altri popoli di questa zona praticano forme di lotta similari. I Nyangatom prendono parte a combattimenti similari con fruste che affrontano a torso nudo. Anche gli Zulu praticano la nguni, una specie di arte marziale similare, con due corti bastoni (illustrata anche nel film Il colore della Libertà sulla prigiona di Nelson Mandela). Altre forme di lotta simili si tengono nelle isole caraibiche di Trinidad & Tobago.

 

Un lottatore si prepara per lo scontro. Sul corpo i segni di precedenti partecipazioni

Un lottatore si prepara per lo scontro. Sul corpo i segni di precedenti partecipazioni - Archivio Fotografico Pianeta Gaia

 

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