Sole, pioggia, vento... È sempre il 15 maggio nella città di pietra!
C'è in Italia una città, antichissima per origine e splendida nella sua architettura medievale in pietra, Gubbio, i cui cittadini e, insieme a loro, quanti eugubini vivono altrove, trascorrono nella quotidianità di piccole e grandi cose 364 giorni dell'anno. Poi il 365esimo esplode la loro identità, la loro eugubinità, in modo incontenibile e appassionato e questo ormai da secoli e secoli, di certo dal 1160, forse dall'antichità preromana.
Il 15 maggio di ogni anno, con il sole o con la pioggia, anche la più torrenziale, la “sbattocolata” e la “distesa”, suonate festose del loro Campanone, chiamano gli eugubini a celebrare “ilariter”, come scritto nella bolla di canonizzazione, la vigilia della festa del loro patrono, Sant'Ubaldo, il “Vecchietto”, come affettuosamente viene chiamato, che dal 16 maggio 1160, giorno della sua morte, protegge la sua Gubbio, così come l'aveva fatto in vita durante eventi molto pericolosi per la libertà del Comune eugubino. E' la Festa dei Ceri: colori, emozioni, affetti, pietas religiosa, passione, sacrificio, solidarietà, fatica, gioia, riso, tifo, pianti, allegria, salacità e humor si alternano, si rincorrono, coinvolgono eugubini e non nelle strette vie della “città del silenzio” e poi, su, attraverso i ripidi “buchetti” e i tornanti del monte Ingino (il monte di Sant'Ubaldo), fino alla Basilica dove riposano le spoglie mortali dell'amato Patrono. Dopo la corsa lungo discese e salite delle vie della città, dopo la velocissima ascesa al monte, dopo le pendute, le possibili cadute (causa di immancabili sfottò che continueranno nei giorni e nei mesi a venire) delle tre grandi macchine di legno che, sormontate dalle statue dei Santi, sembrano volare sulle spalle dai Ceraioli, in basilica, al canto dell'inno a Sant'Ubaldo, tutto si ricompone davanti all'urna dorata del vescovo Ubaldo. Dice l'inno “E noi con il Protettore il ciel coroni”: è la Sua festa, si corre, si soffre, si gioisce in lode del Patrono.
La piazza gremita, vista dal palco
Come la vita, anche i Ceri sono un alternarsi di gioia e sofferenza in un ascendere verso l'alto, se l'aspetto mistico prevale; in una ricerca di continuo miglioramento se prevale l'aspetto terreno: ognuno può dare la sua lettura. Gubbio, è “la città dei matti” per questa sana, originale pazzia che, dalla nascita alla morte, è impressa nel DNA eugubino. Nel 1917, sul Col di Lana, sul Carso, soldati eugubini costruirono alla meglio i tre Ceri e il 15 maggio fecero la loro corsa sulle doline coinvolgendo i commilitoni; quello del 1921, a Gubbio, fu un maggio caratterizzato da disordini politici, i Ceraioli per timore di rappresaglie, dovettero abbandonare i Ceri prima di salire al monte, allora furono le donne che si caricarono il loro peso sulle spalle e, a notte fonda, arrivarono alla Basilica; da vari decenni a Jessup, una cittadina della Pennsylvania, la comunità di origine eugubina celebra a fine maggio la sua festa dei Ceri anche qui con la partecipazione degli altri abitanti.
La Festa dei Ceri non è solo una festa storica rievocativa, è vita e come la vita, ogni epoca vi lascia qualcosa di sé nel rituale che la caratterizza. Immutato è il sentire, la partecipazione corale ed entusiasta in cui si confondono eugubini e forestieri, l'emozione che prende in gola quando senti il suono del Campanone, il rullo cadenzato dei tamburi che alle luci dell'alba danno la sveglia a ceraioli e cittadini e poi accompagnano i cortei dei ceraioli, le chiarine che annunciano l'alzata dei Ceri alle 11,30, e poi lo squillo del trombettiere che, alle 6 del pomeriggio, al galoppo, fende la folla in attesa ansiosa lungo il percorso, annunciando che stanno arrivando i Ceri, il “via ch'eccoli” che serpeggia tra la gente quando si vedono comparire i Ceri e le mantelline dei Santi volteggiano nell'aria e si confondono il giallo dei Santubaldari, l'azzurro dei Sangiorgiari, il nero dei Santantoniari. Il mese di maggio a Gubbio si identifica con i Ceri; la prima domenica del mese si sale alla Basilica, dove i Ceri stanno accanto al Patrono tutto l'anno, per ricondurli a spalle, in posizione orizzontale, in città. Sul Cero e sulla barella di appartenenza stanno seduti bambini e bambine vestiti con le colorate divise: è il loro battesimo ceraiolo.
I Ceri eretti in mezzo alla piazza
Il 15 la Festa è scandita da fasi ben precise che culminano nella corsa al tramonto. Momento topico è l'alzata in Piazza Grande in un bagno di folla entusiasta: da orizzontali sono issati in verticale dopo che una loro estremità è stata incavigliata nella barella e sull'altra è stata inserita la statua del proprio Santo. Dopo l'alzata è la mostra, ogni Cero va per suo conto per la città e a salutare con inchini e giri su se stessi, ceraioli che non possono più portare il Cero, famiglie di antica tradizione ceraiola, e a rendere omaggio ai 40 eugubini trucidati dai nazisti nel 1944, agli anziani alla casa di riposo, alle autorità.
Poi il riposo delle tre macchine in via Savelli mentre i Ceraioli partecipano al pranzo della “Tavola bona” e l'allegria si spande per le vie con le bande che suonano le canzoni ceraiole. La processione che esce dal Duomo con la statua di Sant'Ubaldo indica che è ora di ritrovarsi per le mute di Ceraioli che, in corsa, si daranno il cambio sotto i Ceri con cui formano una simbiosi viva. La statua del Patrono compie a passo sostenuto l'ultimo tratto di via Dante, prima dell'incontro con i Ceri, saluta il Cero di Sant'Ubaldo e, dopo la benedizione dei Ceraioli da parte del Vescovo, via alla corsa... Lungo la “callata” dei “Neri”, il Corso, via Cairoli, una breve sosta per dar tempo ai Ceraioli di riprendere il proprio Cero in altro punto e alla gente di spostarsi per vederli di nuovo, e ancora la “callata” di “Ferranti”, il mercato, San Francesco, l'ex ospedale, via Cavour, San Martino, via dei Consoli, altra breve sosta per permettere di entrare in piazza, le “birate” in Piazza Grande, via XX Settembre, il “1° buchetto”, la “ficara”, il “2° buchetto”, la porta di Sant'Ubaldo, sosta più lunga perché tutti devono affrontare il monte, la salita in 8 minuti circa fino alla Basilica, ingresso nel cortile e, tra la gioia e il pianto, con il desiderio di vederli ancora svettare e correre nel loro ordine immutabile nei secoli, prima Sant'Ubaldo, poi San Giorgio, infine Sant'Antonio, i Ceri vengono smontati. Le macchine di legno e le barelle rimangono fino alla prima domenica di maggio dell'anno successivo in Basilica, le statue dei Santi sono riportate in città in processione e lì sono visibili fino al mattino del successivo 15 maggio nella chiesetta dei Muratori. Ma la festa continua per le vie di Gubbio per tutto il mese: gruppi di ragazzini portano a spalle di corsa ceretti costruiti artigianalmente; secondo l'antico rito, la domenica successiva al 15, saranno i ragazzi a celebrare la loro corsa con i Ceri Mezzani, il 2 giugno saranno i bambini con i loro Ceri Piccoli. E gli Eugubini così perpetuano di generazione in generazione la loro Festa e la loro identità.
P.S. 1 Logicamente sono un'eugubina che però vive in Nord Italia da molti anni ma ogni 15 maggio, anche quando non sono riuscita ad essere a Gubbio, si sveglia ceraiola di Sant'Ubaldo e con me i miei figli... Per chi, incuriosito da un'Italia terra di fascino ed emozioni, voglia sapere di più sulla Festa e la sua storia ecco alcuni siti: www.festadeiceri.it www.ceri.it www.comune.gubbio.pg.it.
P.S. 2 Logicamente anche tra gli eugubini c'è chi va a pescare o in gita fuori porta il 15 maggio!