1° giorno
A Bologna il check-in è possibile per i bagagli fino a Port Moresby, capitale della Papua Nuova Guinea (da qui in poi PNG, i locali la chiamano Papua Nuigini), non per la nostra meta finale, Tari. Per i passeggeri invece carta d’imbarco fino a Singapore, da lì faremo quella per Port Moresby, a seguire quella finale per Tari. Il volo Emirates (conviene comprare da loro il pacchetto comprensivo di quello Air Niugini, compagnia di bandiere tra le pochissime internazionali per poter entrare, nel caso di problemi eviterà tanti guai, poco male i circa 100€ in più) per Dubai di 4.487 km dura 5:30 ed è puntuale. Servizio di bordo buono ma niente comfort kit, una volta atterrati entriamo direttamente in aeroporto risparmiandoci i “soliti” 20’ di bus. I controlli sono veloci e nell’attesa approfittiamo del wi-fi gratuito con la sola richiesta della registrazione. Nemmeno tre ore di attesa, tempo per un veloce giro in aeroporto ed è già tempo d’imbarco ancora su di un Boeing 777 destinazione Brisbane con stop a Singapore.
Gli "alberi" di Gardens in the Bay di Singapore - Copyright Pianeta Gaia
2° giorno
Il volo di 5.265 km dura 7 ore, puntuale e con buon servizio di bordo anche se pure questa volta, nonostante sia notte, non ci viene fornito il comfort kit, coperta quella sì, che si rivela sempre utile in seguito. Una volta passati i controlli veloci come la verifica del passaporto, usciamo per una veloce visita al piccolo stato asiatico, dove proviamo ad assorbire la prima parte del fuso orario, 6 ore. In taxi in 20’ siamo ai Gardens by the Bay per una veloce visita senza entrare nei singoli padiglioni. Fa un caldo afoso che in confronto la fin lì terribile estate bolognese pare una brezza, ma il posto è bello e merita la visita. Per chi rammenta l’albero della vita dell’Expo di Milano qui c’è da perdersi coi tanti che se ne incontrano, visto che qui son stati “impiantati” prima che da noi, facile capire da dove venisse l’idea. Il celebre grattacielo triplo di Marina Bay, sovrastato da una struttura a forma di barca, è proprio alle nostre spalle, dopo aver visitato i Gardens (c’è un percorso in quota che sembra interessante, ma c’è fila e desistiamo per questioni di tempo) prendiamo la sopraelevata per entrare nel centro commerciale decisamente kitsch con tanto di finto canale e gondole in stile Venezia. Uscendo (per chi ha manie compulsive di shopping sarà ardua impresa) si arriva alla celebre vista di Singapore sulla Marina Bay e lo skyline della città coi celebri grattacieli, tutto artificiale ma dal grande impatto. La sosta di 8 ore, i tempi corti nei trasferimenti e nei controlli ci permettono di girarci tutta la baia dove fa bella mostra di se il Museo delle Arti e delle Scienze a forma di fiore di loto, non lontano da una gigantesca tribuna permanente utilizzata per il Gran Premio cittadino di F1. Da Clifton Square in taxi rientriamo in aeroporto spendendo perfino meno dove al check-in di Air Niugini recuperiamo la carta d’imbarco nel deserto totale. Per entrare in PNG non ci sono molte opzioni, oltre ad Air Nuigini è fattibile con Quantas passando dall’Australia (allungando così un volo già molto lungo) o con Philippine Airlines (ma anche in questo caso le scelte non sono comode), in ogni caso l’ultimo volo intercontinentale praticamente senza concorrenza ha prezzi esorbitanti, ma come vedremo poche richieste come il deserto al check-in aveva ben evidenziato. Controlli di nuovo velocissimi e poi con un Boeing 767-300 partiamo per l’Oceania in un aereo per metà vuoto. La cena ci viene servita quasi subito ed è di buona qualità, poi le luci si abbassano e si tenta di dormire, qui a disposizione ci sono molti meno ammennicoli rispetto ai voli precedenti, fondamentale la coperta perché la temperatura precipita.
Vista ai piedi del Marina Bay di Singapore - Copyright Pianeta Gaia
3° giorno
La sveglia coincide con una semplice colazione, dopo 6:30 di volo atterriamo puntuali all’aeroporto Jackson di Port Moresby, capitale della PNG, le pratiche al controllo passaporto sono lente non tanto perché devono verificare chissà cosa ma poiché per i non residenti si accede solo da due sportelli e a volte un addetto deve pure andare via per pratiche diverse. Viene apposto il visto senza più dover pagare come indicato fino a pochi mesi prima, il ritiro bagagli è immediato perché già scaricati dal nastro, quindi usciamo senza più nessun controllo. Prima di uscire meglio passare dall’ufficio cambio valuta dove ci accorgiamo immediatamente che le indicazioni ufficiali abbiano ben poca valenza. Ma se si prosegue verso le Highlands le opportunità di cambiare sono limitate. Dobbiamo recarci nella parte dei voli nazionali, circa 200 metri di distanza da percorrere all’esterno, non ci sono collegamenti tra le due ali dell’aeroporto. Il caldo e l’umidità si fanno già sentire di mattina, varcato il controllo bagagli ai raggi X entriamo nell’area dei check-in proprio quando quello del nostro volo sta aprendo. Confusione varia, i bagagli da imbarcare sono attentamente pesati, nel caso oltrepassino i 5 kg occorre pagare un bonus per ogni kg che non vi so dire, quelli a mano non vengono né pesati né controllati, quindi nel caso si può andare di travaso (16 kg sono tanti, noi avevamo però parecchie cose al seguito richieste dalle guide). Passato il controllo si entra nella piccola area dei gate, con giusto un piccolo bar che vanta un wi-fi protetto, la password mi è stata gentilmente fornita da un addetto al controllo bagagli. Attendiamo ora il volo Air Niugini destinazione Tari, viene annunciato a voce e a piedi sotto ad una passerella ci inoltriamo tra gli aerei parcheggiati fino al nostro fiammante piccolo aereo, decorato da molteplici riparazioni con nastro americano e nell’aria odori tremendi di gente che alla voce doccia sentenzia “ripasso” da anni. La durata del volo è di 1:30, ovviamente non è servito nulla, acqua che piove dalle cappelliere, ma non proprio potabile e di difficile reperibilità per abbeverarsi. L’aeroporto di Tari ha pista asfaltata ma in pratica nessuna costruzione dove far tappa, si recuperano i bagagli da dietro una rete per poi entrare in una sorta di parcheggio non accessibile ai più in cui dovremmo incontrare la nostra guida, col quale avevamo in precedenza definito il percorso nelle Highlands. Non c’è traccia di costui, si palesa però un altro dicendo che è qui in sue veci poiché la strada da Mt. Hagen è bloccata e non ha potuto trovare la possibilità di arrivare. Saliamo con lui in una jeep coi vetri interamente protetti da grosse grate di ferro e vetri oscurati o in plastica, e già la cosa non mette tranquillità, per sapere che non soggiorneremo a Tari ma nelle vicinanze, presso una guset house nei dintorni di Hedemari, circa 25 km da qui. La strada inizia con asfalto ma ben presto diventa sterrata, passiamo lungo un percorso sempre pieno di gente con simpatici machete e capanne, ma veri e propri villaggi mai. Oltrepassato il Tagari River sull’unico ponte dell’area, le presenze calano e passate la Primary School e la Catholic Church incontriamo un sentiero per la guest house. In pessime condizioni arriviamo fino al portone d’ingresso, da lì si sale a piedi nel fango a quello che rappresenta il fulcro di Hedemari, baracche di legno che fanno da unico luogo di soggiorno della zona, dislocate tra sentieri di fango, il tutto dotato di un’unica toilette con acqua corrente (quando viene aperto il rubinetto centrale, a fianco della grande botte verde, da rammentare) e una rudimentale doccia solo fredda, e qui di sera/notte fa freddo. Non c’è un lavandino che sia uno, ma una cucina comune e una sala comune sì, dove la guida ci esporrà i primi problemi del viaggio. La guida contatta non c’è, forse arriva, ma anche no, vediamo, mah…? Comunque il suo sostituto è il suo referente in area, e non solo suo ma anche del proprietario della guest house, in pratica di chiunque voglia avventurarsi tra gli Huli, comprenderemo in seguito, passa da lui. Il problema è che avevamo trattato un prezzo per tutte le Highlands con la guida assente, ora occorre anticipare una parte di soldi al sostituto che ne è completamente sprovvisto, ma capire quale sia la cifra corretta è impossibile. Qualche volta il telefono del sostituto funziona e riusciamo a parlare con la guida, il quale dice di anticipare una cifra risibile, nei conteggi che dobbiamo rivedere col sostituto non basterebbe a visitare nulla, e così dopo un summit decidiamo di affidarci al sostituto per questi giorni ridiscutendo l’intero programma, contrattando ogni singola visita. Il sostituto parla un buon inglese ed in effetti conosce tutto dell’area, questo lo fa divenire il riferimento di tutto quanto passi da qui, ma la fatica nell’organizzarsi è notevole, iniziando dal dover capire cosa mangiare perché al momento non abbiamo nulla. Così dopo 2 giorni e mezzo di viaggio l’idea di riposarsi (ma viste stanze e bagni passerebbe in ogni caso) andiamo lungo la strada per provvedere ai primi basici acquisti. Hedemari è un insieme di capanne all’interno della strada sulla quale misere baracche di ondulato funzionano da negozi dove recuperare riso, acqua, gallette, cibo in scatola, qualche verdura e frutta, ma non pensiate a mille frutti che i luoghi esotici offrono solitamente. Primi misurati anticipi di denaro per acquisti che la nostra guida svolge in più posti, per dare qualcosa a tutti ed avere buoni rapporti in una zona dove i rapporti sono fondamentali e sovente non finiscono da un giudice di pace… Come previsto, di pomeriggio piove intensamente, il sentiero per rientrare diventa un ruscello, scarpe impermeabili e con suola dalla presa solida sono basilari, anche se spesso non sufficienti. Rientriamo per fare un punto vero e proprio della situazione immediata e futura, ma qualcosa di definitivo qui è e sarà impossibile, occorre navigare a vista ed essere pronti a cambiare piani alla velocità della luce contrattando ogni singola cosa. Una doccia fredda al buio (il generatore parte quando il sole è già calato, ma dobbiamo già essere a cena, rimane operativo fino alle 21:30-22 ma a quel punto fa molto freddo) per una cena con riso colloso, verdura insapore e carne in scatola che invidia il Chappy da cani non è poi così male, un po’ di ananas ridà vigore al tutto, mentre dobbiamo definire il programma dell’indomani, visita per visita, costo per costo. Un polacco-canadese in viaggio da giorni in PNG ci segnala le difficoltà del momento date dal post elezioni, sconsigliandoci fortemente di andare a Mt. Hagen via terra, c’è l’opzione di farlo via aereo con MAF, compagnia missionaria operante nel luogo. Ma il tutto si fa solo di persona a Tari e nulla sarà sicuro fin quando non toccheremo terra all’arrivo. Se il buongiorno si vede dal mattino, non sarà un viaggio semplice. Come anticipato alle 21:30, il generatore si arresta, siamo nel buio più totale dove occorre avere sempre a portata di mano una potente lampada facciale, di positivo c’è che spento quello il silenzio è totale. I letti sono dotati di materasso, non spesso ma sufficiente, lenzuola e una singola coperta, potrebbe non essere abbastanza.
Un Huli si dipinge per una danza - Copyright Pianeta Gaia
4° giorno
Colazione ore 7:30 preparata dalla nostra guida con uova poi con un mezzo privato, la solita jeep del giorno precedente con alla guida sempre lo stesso personaggio, torniamo a Tari per cambiare altra valuta. La guida contattata in precedenza ci aveva detto che accettava euro e dollari ma qui si può pagare solo in kina, per questo dobbiamo procurarcene un certo importo, fattibile solo a Tari. Ci sono vari ATM, ma è prelevabile una cifra risibile, l’addetto al cambio lavora dentro a una specie di sarcofago separato da tutto, per la procedura impieghiamo oltre un’ora con la polizia che ci scorta passo passo nel cortile chiuso e presidiato, in strada passa di tutto, comprese più persone che se ne vanno con un maiale al guinzaglio. Data per persa la mattinata, andiamo anche alla MAF dove ci prenotiamo (ovvero scriviamo su di un pezzo di carta i nostri nomi) per un giorno a seguire, via telefono (quello della nostra guida) ci sapranno dire giorno esatto e orario. Il costo del volo è di 500k, molto più alto di un viaggio con auto privata, ma dovendo aggiungere la scorta e l’incertezza della fattività, quasi un affare. Un salto al mercato dove c’è imposto di non scendere per motivi di sicurezza, nel frattempo assistiamo a un arresto della polizia nei confronti di un presunto ladro con folla inferocita che lo segue fino al posto di sicurezza, poi con ulteriori generi alimentari rientriamo a Hedemari dopo più soste lungo il percorso senza però che ci vendano quanto richiesto. La guida ne approfitta per prepararci un veloce e pessimo pranzo e definire di nuovo il programma essendoci già dei problemi in atto, tipo il costo della guest house paventato era al giorno e non per tutti i giorni… Un nostro fermo no fa tornare tutto nella norma, ma segnala come ogni singola cosa sarà sempre messa in discussione. Rientriamo sempre col mezzo a disposizione, l’autista ci chiede altre 100k, qui ci impuntiamo, ne nasce una disquisizione non da poco, alla fine del litigio durato tutto il viaggio l’autista ci manda a quel paese e stizzito non vuole nemmeno i 100k pattuiti ad inizio trattativa. Oggi dovremmo andare a un vicino villaggio per il singsing degli Huli, ma piove e quindi vengono loro da noi. In realtà sono gli addetti alla guest house che si preparano alla recita, interessante vederli mentre si colorano viso e corpo, anche se s’insinua il sospetto di essere a un carnevale in luogo quasi inaccessibile e non di fronte a una comunità che vive in quel modo. Gli Huli sono una delle oltre 800 tribù della PNG, divisi in te gruppi diversi, sono una delle tribù più “difficili”, forse anche per il luogo ancora remoto e difficilmente accessibile, a Tari si giunge solo via aereo o al termine della Highland Highway, in pessime condizioni, quando percorribile. Come colorazioni sono effettivamente di forte impatto, magari se si ricordassero di togliere ammennicoli moderni mentre svolgono il singsing (la danza tribale che li rappresenta con urlo compreso) anche meglio. Gli Huli sono celebri per i loro copricapi fatti coi capelli cresciuti in gioventù, tagliati per formare preziosissimi copricapi nei quali vengono messe le piume dell'uccello del paradiso, simbolo della nazione. Ma queste parrucche naturali sono decorate pure con terra, arbusti e rami, grandi e impegnative da portare, un vero simbolo per ogni guerriero Huli. Lo spettacolo si volge sotto la tettoia della guest house poiché la pioggia non ci lascia utilizzare la radura nel bosco, piovendo forte i colori sarebbero spazzati via. Finito il veloce spettacolo, c’è possibilità di interloquire con loro passando però tramite la guida visto che nessuno parla inglese, lingua nazionale ma studiata solo da chi va a scuola, e qui un po’ per un discorso di età, di lavoro e di problematiche logistiche (la primary school è sorta da nemmeno 10 anni) in tanti non lo parlano. C’è chi riesce a strappare una parrucca compresa di piume per 800k, la cifra è impegnativa, ma per un oggetto che se non si può definire unico, raro certo che sì. Sarà per la lingua non comune, per la non consuetudine ad avere ospiti o per il fatto che devono tornare alle normali occupazioni nella guest house o nei loro campi, nel giro di breve lo spettacolo Huli termina, così ne approfittò per una doccia fredda ma non al freddo della sera, poi anticipiamo la cena alle 18:30 per comodità della guida. In quel frangente giunge in guest house un gruppo d’italiani proveniente da Mt Hagen, i quali ci confermano le difficoltà dello spostamento, 13 ore con interminabili soste, litigi tra polizie provinciali con armi in pugno e brandite, il costo di 700 k per il mezzo ed ulteriori 2000 k per la scorta, cifra che dovrebbe essere ripartita tra le varie polizie, da non consegnare in toto alla prima altrimenti le seguenti non ne vedranno che minuzie, ma poi occorre che la prima accetti questo metodo. Lo spostamento in PMV (minibus locali) è fattibile, ma a quel punto non è certo l’arrivo in giornata e capire dove passare l’eventuale notte diventa un grosso problema. Ci convinciamo sempre di più allo spostamento in aereo, in attesa che dalla MAF ci facciano sapere qualcosa, mentre il polacco-canadese ha avuto conferma del volo. È in viaggio da solo e si nota, appena trova qualcuno inizia a parlare a non finire raccontando di tutto e di più, alla fine devo però ammettere che molto di quello narrato corrisponde al vero, dandoci anche ulteriori utili consigli per mete a seguire. Riprende a piovere anche di sera, in un pantano totale raggiungo la stamberga dove dormo, silenzio di tomba.
continua...