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Islanda in moto - IV

Il diario di un viaggio in moto nella selvaggia isola compiuto dal nostro viaggiatore Marcello
05 Dicembre 2015

 

...segue 

 

Martedì, 11 agosto

L'hotel Framtid di Djupivugur risale ai primi del secolo scorso, caldo e accogliente, si specchia in un porticciolo pieno di pescherecci. A proposito del caldo, in tutti gli alberghi in cui siamo stati i termosifoni delle camere erano sempre accesi, considerando che le temperature notturne non superavano i 3 o 4 gradi. Anche la grande casa rossa adibita a ristorante e biglietteria per le isole Papeyjarferdir risale ai primi del '900.

 

Dopo pranzo prenotiamo due posti sul peschereccio “Hvaast” (60 euro) per dette isole, dove dopo 15 chilometri di “mare” (è meglio non patirlo!), su di un grande scoglio è possibile vedere numerosi leoni marini che dormono. Scesi sull'isola abbiamo fatto una camminata “pazzesca” sull'erba bagnata, entrambi siamo scivolati ma senza conseguenze. Poi ecco finalmente decine di pulcinelle di mare che si tuffano nell'oceano e poi ritornano nei propri nidi ma non prima di essersi fatti fotografare! Torniamo con un mare “in forza”, vicini a un giapponese che vomita l'anima, poveretto. Per finire dà una testata al tavolo, meno male che è di legno! Torniamo, stanchi, alle 19,30 e anche se è ancora giorno andiamo a dormire.

 

Leoni di mare alle Isole Papeyjarderdir

 

Mercoledì, 12 agosto

La prossima destinazione è Egilsstadir, città in cui terminiamo la nostra permanenza in Islanda. Lasciamo Djupivugur all'alba, per fortuna non piove ma il vento ha ripreso a soffiare; sbagliamo strada, prendiamo uno sterrato pietroso ma poi il gps del Mauri ci riporta sulla giusta via, la A1. La strada bordeggia una gran quantità di vulcani al momento tranquilli ma noi ugualmente alziamo una gran nuvola di polvere nera: una sbarra alzata indica che la via è accessibile, altrimenti... dietrofront!

 

Più avanti ci fermiamo per visitare il più suggestivo fiordo d'Islanda, il Mjoifjordur, ove sono poste decine di sacche per l'itticoltura. Si trova a sud del Seydisfjordur, fiordo questo utilizzato come porto per la Norrona e da dove partiremo, il giorno seguente, per la Norvegia. Il vento è teso e il casco, pur legato con attenzione, si muove parecchio. Poi, dietro a una grande montagna, ecco la nebbia, bianchissima da non veder niente ma per contro il vento cessa di colpo. Una pioggerellina sottile ci accompagna poi fino alla città.

 

Il Mauri fotografa una pulcinella di mare

 

Un gran bell'albergo ci attende, ma le moto devono purtroppo essere sistemate sotto l'acqua. La pioggia aumenta di intensità ma per fortuna il Mauri ha un ombrellino che si rivela molto utile per il nostro giro di acquisti di souvenir nei tre supermercati della cittadina. In uno di questi, incontriamo due italiani, marito e moglie con una BMW 1200 GS, ai quali istintivamente racconto il viaggio allucinante fatto all'andata nelle cuccette da 9 posti della Norrona insieme a un francese che vomitava di continuo, dichiarando poi che per fortuna, per il ritorno avremmo, avuto a disposizione la cabina. Dal silenzio che segue mi rendo conto che sono sbigottiti. Infatti mi dicono che loro hanno fruito della cabina all'andata mentre per il ritorno avranno... le cuccette!

 

Al ritorno in hotel notiamo vicino alle nostre moto alcune 4x4 che stanno scaricando di tutto: taniche, assi di legno, scatoloni di bottiglie, nemmeno fossero arrivati dall'Erg Orientale. Sono auto prese in affitto, si capisce dal fango accumulato sulla carrozzeria e dalle targhe islandesi. Per un po' seguiamo il “lavoro”, poi dovendo domani partire presto per arrivare a Seydisfiordur alle ore 8,30 andiamo a cena e poi a letto.

 

Il Seydifiordur

 

Il mattino successivo… sorpresa! Quando mi avvicino alla moto per caricare le borse noto che la tanica di benzina che mi sono portato dietro per 12 giorni è sparita, unitamente al ragno che la sosteneva. Sono spariti anche i tre fuoristrada: l'unica “soddisfazione “ è aver constatato che gli occupanti non erano italiani.

 

I trenta chilometri che separano Egilsstadir dal porto di imbarco sono allucinanti: strada stretta, tornanti a gomito, asfalto bagnato, pozze ghiacciate, freddo e nebbia, pare che nella notte abbia pure nevicato. Mentre il pensiero va alle 50 ore che dovremo trascorrere sulla Norrona, una sola consolazione: la cabina che abbiamo prenotato per il ritorno ci permetterà di dormire, mare permettendo, per tre giorni e due notti.

 

Puntate precedenti:

Islanda in moto, di Marcello - I

Islanda in moto, di Marcello - II

Islanda in moto, di Marcello - III

 

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