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Islanda in moto - III

Il diario di un viaggio in moto nella selvaggia isola compiuto dal nostro viaggiatore Marcello
14 Novembre 2015

 

...segue 

 

Domenica, 9 agosto

Dopo una discreta colazione, caricate le moto e usciti dalla zona pedonale occupando il solito marciapiede, momentaneamente deserto, ci avviamo verso il “triangolo d'oro”. Il vento è già teso appena fuori dalla città ma quando superiamo Mosfellsbaer le moto cominciano a beccheggiare come barche a vela e solo il peso del mezzo e il carico sovrastante ci permette di procedere senza intoppi e/o rallentamenti. Il Lago Pingvallavatn ci appare sulla nostra destra, le onde provocate dal forte vento lo fanno sembrare un mare in tempesta. Alcuni ciclisti si tengono al riparo nei fossati lungo la strada in attesa che il vento cessi. Qui tutto passa, per fortuna, velocemente.

 

Arriviamo nei pressi delle località di Gulfoss, Geysir e Pingvellir dove gran parte dei tour-operator fa scalo con i pullmann. Noi visitiamo la seconda di queste meraviglie: una colonna d'acqua bollente e limpidissima, alta fino a 30 metri, annuncia la zona geotermale più affascinante d'Islanda. È lo Strokkur, una sorgente erede del grande geyser, che ogni tre minuti spara verso il cielo un indimenticabile getto cristallino di acqua calda. Lentamente ci avviciniamo alla costa meridionale e la Ring Road ci permette ora di elevare la media (la velocità massima consentita sulla A1 è di 90 chilometri orari e le multe per i trasgressori sono salatissime, la polizia stradale non si vede ma c'è).

 

Lo Strokkur, il geyser che ogni tre minuti spara una colonna d'acqua

 

Giunti a una pompa di benzina, mentre sono intento a riempire il serbatoio (anche se non necessario ma opportuno per via della distanza tra un distributore e l'altro), da una Suzuki Jimny scende un tizio che mi fa notare che il parabrezza ha una scalfittura provocata da me… Da me!? In effetti, alcuni chilometri, prima avevamo percorso una strada di ghiaia e in quell'occasione avevo aumentato la velocità della moto per non cadere. Ma da qui a dire che avevo colpito l'auto ne passa, e poi ero certo che nessuna auto mi seguiva. Come per la Suzuki della cascata, alcuni giorni prima, lo mando a quel paese...

 

 

La maggiore velocità ci permette di raggiungere in breve tempo Dyrholaey, nei pressi di Vik, a ridosso del ghiacciaio Myrdalsjiokul che ricopre uno dei vulcani più noti, il Katla. Le costiere raggiungono i 120 metri di altezza dando origine a numerosi archi naturali. Si ha una vista mozzafiato: spiagge lunghissime e nere, promontori ricchi di uccelli (parecchie “pulcinelle di mare” hanno il nido nell'erba delle scogliere) e i famosi “camini d'acqua”, faraglioni che si elevano dal mare spumeggiante fino a 60 metri ed oltre… Da brivido! L'hotel Icelandair si appoggia alla montagna e guarda il mare, dalle finestre della nostra stanza si vedono benissimo i faraglioni nell'oceano che qui è sempre in tempesta, con onde altissime. Il Mauri, dopo un rapidissimo cambio d'abiti, si precipita alla spiaggia con il fido iPhone e per circa un'ora non lo vedo più.

 

I faraglioni e la spiaggia nera di Vik - Archivio Fotografico Pianeta Gaia

 

I ristoranti per la cena a Vik sono due, uno in collina vicino alla chiesetta e l'altro alla spiaggia. Visto che il Mauri non vuole riprendere la moto per andare in collina, optiamo per il locale al mare. Lui sceglie un enorme gelato come antipasto, poi un toast che abbandona per metà nel piatto, io due uova con una salsa di pesce e una zuppa: boh!

 

Lunedì, 10 agosto

Colazione divina! D'altronde, l'Icelandair è stato l'hotel più costoso di tutto il viaggio! E qui è doveroso ringraziare il Gianni, titolare dell'agenzia in cui abbiamo prenotato nave e hotels. Proseguiamo per il parco naturale del Skafta-fell, ai piedi del ghiacciaio più esteso d'Islanda (8.400 kmq.) le cui fredde lingue arrivano fino a pochi metri dalla strada che lo costeggia per oltre 100 chilometri. Il parco offre spettacolari passeggiate per tutti i gusti, ma non per il sottoscritto che seduto su una panca di legno segue con lo sguardo il Mauri che si allontana con il suo fido telefonino. Sicuramente merita una visita la cascata Svartifoss (vicina al paesino di Bolti) che scende veloce fra due colonne di basalto, raro esempio di architettura naturale.

 

Le vaste distese desertiche lungo le coste sud-orientali sono spesso soggette a tempeste di “sandur”, una sabbia nera e tagliente, che ti entra nel casco, nelle narici, nel filtro dell'aria e che da un momento all'altro ti può impietosamente far cadere... Da non augurare a nessuno! Noi ne siamo fortunatamente risparmiati! A metà strada tra Skafta-fell e Hofn, il ghiacciaio Brendamerkurjokull lascia cadere in un meraviglioso bacino grandi iceberg: è lo Jokulrsarlon, “la laguna del fiume glaciale”. Il ghiaccio assume forme e colori fantastici. Volendo si può partecipare a gite organizzate in battello gommato (tipo quello dei nostri pompieri) e magari imbattersi in qualche foca curiosa, un vero incanto, il tutto per 40 euro.

 

La cascata di Skaftafell - Archivio Fotografico Pianeta Gaia

 

Lasciate le moto a una decina di metri dall'acqua su un terreno ghiaioso ma pianeggiante, provvediamo a immortalare questa meraviglia sui nostri telefonini. Una casetta in legno con dehors nelle vicinanze (è ormai mezzogiorno) ci permette di mangiare seduti un piccolo pasto di... boh e di bere una Viking, birra estremamente alcolica servita solo in alcuni bar autorizzati. Nel ripartire, il Mauri, che è più avanti di me, si accorge che una moto carica all'inverosimile e guidata da una ragazza piuttosto smilza è coricata sul baule laterale. Subito lui presta soccorso, aiutando a risollevare la motocicletta e la donna, che si rivela essere inglese, nella sua lingua lo ringrazia molto. Più tardi, nel riprendere la strada verso Hofn (dove abbiamo già prenotato l'hotel), a circa 10 chilometri dal ghiacciaio, notiamo due moto ferme sul ciglio della strada; è la ragazza smilza di prima accompagnata ora da un uomo su di una motocicletta stranissima. Uomo che, una volta tolto il casco, si rivela essere una donna corpulenta che, in un italiano comprensibile, ci spiega che il bauletto laterale si è staccato a causa della caduta precedente. Così, dopo aver allontanato le due dalla moto (spaziooo!) il Mauri e io provvediamo a sistemare l'attacco.

 

Hofn è prossima, ancora 60 chilometri, sotto una pioggia leggera e una fermata a una pompa di benzina, ed ecco l'albergo Edda! Bello, di legno e vetro, e situato in una stupenda insenatura sul mare. Prima di cena, considerando che la pioggia è diminuita, facciamo una camminata fino alla riserva naturale posta in cima ad un capo. Qui tante specie di uccelli marini ci girano sulla testa: incredibile! Dopo un lauto pasto a base di salmone, zuppa di pesce e merluzzo, mentre ritorniamo all'hotel, complice anche il fatto che il paese è piccolo con poche vie, in una di queste incrociamo le due motocicliste inglesi che salutano il Mauri con un sonoro “ciaoo beloo”.

 

continua...

 

Puntate precedenti

Islanda in moto, di Marcello - I

Islanda in moto, di Marcello - II

 

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