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Venerdì, 7 agosto
Dopo un'abbondante colazione a base di salmone affumicato, aringhe in diverse salse, uova sode e pane nero, sotto una pioggia ormai “abituale”, carichiamo le moto delle nostre “poche cose”: io, in particolare, due borse laterali, un enorme saccone centrale e la tanica da cinque litri, quest'ultima per pareggiare in parte il contenuto del serbatoio della “Adventure” del Mauri che “qualche volta” si lamenta delle mie troppe fermate alle pompe di benzina che invece, a mio modesto parere, sono assai rade. Il viaggio verso Blonduos di circa 253 chilometri è da noi chiamato “ la via dei fiordi del nord” poiché passiamo per Akureyri che si trova in fondo all'Eyjajordour, il fiordo più lungo dell'Islanda centro-settentrionale. La città è attraversata dal fiume Glerà, ove si pratica in estate il canottaggio e il kayak. Akureyri è a meno di 100 chilometri dal circolo polare artico.
Inavvertitamente, a Gudafoss, dove abbiamo parcheggiato le moto per fotografare questa spettacolare cascata, nel ripartire ho toccato con il mio retrovisore lo specchietto di una piccola Suzuky, forse una Jimny, e il proprietario (o l'affittuario) mi chiede “forti” spiegazioni. Gli rappresento che ero stato imbottigliato e che in un modo o nell'altro dovevo pur uscire. La cosa finisce lì. Vi sembrerà una sciocchezza ma una Suzuky, forse una Jimny, tornerà qualche giorno più tardi a infastidirmi non poco! Blonduos non è un buon porto, il fiordo è poco profondo ma è frequentato da svariati tipi di uccelli di mare e da qualche piccola barca da pesca.
La cascata di Gullfoss
Giunti all'hotel Blonduos, la signorina addetta alla reception - una stupenda ragazza degli occhi verde-foglia - dopo aver consultato più volte il computer ci “gela”: non risulta alcuna camera prenotata a nostro nome! La nostre rimostranze vengono calmate solo dall'intervento del direttore che fa subito preparare una camera, a suo dire di riserva ma che noi riteniamo essere invece la sua personale. Una cameriera va più volte su e giù con lenzuola e asciugamani e alla fine la stanza in cui pernottiamo non è il massimo ma è ben riscaldata. Nelle vicinanze c'è pure un ristorante, l'unico della zona, gestito da polacchi che offre una buona tavola. Prima di ritirarci per il freddo e la pioggia decidiamo di fare, a piedi, una puntatina alla vicina spiaggia. Qui troviamo due anziani con un secchio di plastica pieno di pesci: mentre l'uomo sta a guardare, la donna dà da mangiare ad alcune foche (due o tre esemplari) di cui una, forse abituata, prende il cibo direttamente dalla mano della vecchia.
Sabato, 8 agosto
Oggi arriveremo a Reykjavik, dopo 228 chilometri di fiordi, passi montagnosi imbiancati dalla neve, vulcani spenti (qui dicono dormienti) e la bella cittadina di Borgarnes con i suoi due grandi fari bianchi e rossi a guardia dell'entrata del fiordo Borgafjordur. La strada a mezza costa procede veloce verso il mare, poi ecco un tornante sulla sinistra che ci porta giù all'ingresso del tunnel sottomarino (Maut) di 6 chilometri che al costo di un solo euro ci fa attraversare il fiordo di Hvalfjordour: stupendo!
Una volta usciti, per un attimo volgiamo lo sguardo per un rispettoso saluto al vulcano Snaefellsjokul che nel 2010 ha tenuto in apprensione mezza Europa e al cui interno Julius Verne ha ambientato l'inizio del suo celebre “Viaggio al centro della terra”. Compare qui in lontananza, quasi cristallino, poiché tale è la purezza dell'aria da sembrare innaturale. Sulla nostra sinistra si presenta con il suo aspetto granitico il monte Esja, sempre coperto di neve, poi, infine, la capitale.
La futurististica chiesa di Hallgrimskirkja, a Reykjavik
Reykjavik è pulita, piacevole da vedere e molto ordinata, salvo una sera alla settimana di delirio collettivo urbano, in cui gli islandesi escono e semplicemente fanno festa come se non ci fosse un domani. Sono le rotonde che rallentano la tangenziale, tutte nuove e di grande misura: bisogna fare molta attenzione alle auto i cui guidatori, a mio avviso, sembra non abbiano ancora capito a chi va la precedenza.
L'hotel Fron è per nostra fortuna in centro città ma per accedere al posto moto dobbiamo entrare in zona pedonale, che è chiusa da biciclette finte. Il Mauri, che mi precede, non si fa scrupoli e percorre circa 200 metri di marciapiede fra un viavai di pedoni un po' incazzati ed entra nel cortile dell'albergo. Io, che mi ero attardato per un semaforo (rosso giallo verde), non vedendolo più, mi fermo alla barriera per qualche secondo e, improvvisamente, mi viene lo stimolo da “toeletta”. Vicino c'è un bar, così metto la moto sul cavalletto ed entro: il tipo al bancone, un capellone un po' strano, mi indica la strada ma da una porta laterale mi si para davanti un travestito con una lunga parrucca scura che mi fa capire che vorrebbe “gentilmente” accompagnarmi.. Lo mando a quel paese in piemontese ed entro con passo veloce nel gabinetto degli “uomini”.
Quando esco il Mauri mi sta aspettando impaziente: senza dir parola prende la mia moto e salendo sul marciapiedi tra una folla “stupita” la porta direttamente al parcheggio dell'hotel. Come già detto, l'hotel è a metà di una strada pedonale che oltre a condurre alla cattedrale porta direttamente al porto. Dopo la sistemazione e la doccia, cambiato l'abito e indossato il solito “piumino”, considerato che è ancora presto, andiamo prima a visitare la chiesa dal nome impronunciabile, Hallgrimskirkja, che ci sembra a prima vista un razzo della N.A.S.A.; l'interno vale una visita, mentre la cima, raggiungibile con un ascensore veloce, ci mostra l'intera città e la baia non lontana.
Zuppa di cervello di foca
Scendiamo poi nella zona portuale dove il Mauri conosce, per sentito dire, il nome di un “caratteristico” ristorante presso il quale viene servita la bistecca di balena. Cena stupenda! Oltre al summenzionato mammifero ci viene servita una zuppa di aragosta. Ma chi è il p... che prima di partire, ci raccontava che in Islanda si mangiava da schifo? Un particolare: oggi è giornata di “gay pride” a Reykjavik. In tutte le vie, giovani e vecchi portano maglie, sciarpe e ombrellini con i colori dell'arcobaleno, mentre striscioni degli stessi colori attraversano tutte le vie della città. Dopo un giro di acquisti (per lo più souvenir) torniamo in albergo per un meritato riposo. Riposo? Da una casa vicina e per buona parte della notte veniamo “aggrediti “da una musica rock, punk, forse tutte e due... e capiamo che è il giorno del “delirio collettivo”.
continua...
Puntate precedenti:
Islanda in moto, di Marcello - I