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Islanda in moto - I

Il diario di un viaggio in moto nella selvaggia isola compiuto dal nostro viaggiatore Marcello
10 Ottobre 2015

 

Le esperienze più piacevoli, le emozioni più toccanti acquistano valore e rafforzano il loro stesso significato se vissute con un amico. Invito pertanto tutti i possessori di maxi-enduro amanti di sensazioni forti a intraprendere un viaggio in Islanda, possibilmente con un compagno fidato.

 

Terra ancora poco frequentata dal turismo di massa, vero concentrato di forze della natura che si susseguono lungo tutto il viaggio senza essere mai monotone; una varietà sconcertante di colori e di bellezze che offre agli occhi del visitatore vulcani, geyser, ghiacciai, deserti di sabbia nera, tundra, crateri, sorgenti calde, fumarole, imponenti costiere popolate da colonie di uccelli marini, foche, leoni marini e balene di ogni tipo.

 

Il porto di partenza in Danimarca

 

È la terra, geologicamente parlando, più giovane d'Europa e in continua trasformazione: si verifica un'eruzione vulcanica in media ogni cinque anni. Il ghiaccio ricopre il 12% della superficie e le distese laviche ne occupano un quinto. Le acque geotermali ribollono e scorrono nel sottosuolo e sono sfruttate per il riscaldamento e per le piscine scoperte. Con una popolazione di 323.000 abitanti, è la nazione meno popolata del continente, ricca di terre disabitate e inabitabili e allo stato primordiale dove la natura ha piena libertà di azione e ci regala paesaggi selvaggi ricchi di contrasti unici. Poche righe per tratteggiare i contorni di una terra che rimane per sempre nel cuore.

 

Giovedì, 6 agosto

Alle 9:30 precise siamo a Seydisfjordur, punto di arrivo del traghetto Norrona della Smyril Line che da Irtshals, porto affacciato sul Mare del Nord in Danimarca, in cinquanta ore di noiosissimo viaggio (che spesso regala due giorni di onda corta e burrasca) ci porta in Islanda; con scalo obbligatorio a Tor-Shavn nelle isole Faroe, bellissime e degne di una visita più accurata. L'arrivo non è certo incoraggiante: nuvole, pioggia, vento e freddo (quattro gradi), per la serie “abituatevi in fretta e scordatevi l'agosto mediterraneo”. Ci accompagnano fino a Egilsstadir, cittadina a circa 30 chilometri, dove sostiamo per uno spuntino e il rifornimento di benzina in quanto abbiamo caricato le moto sulla nave a serbatoio quasi vuoto (per sicurezza).

 

Le piscine sulla nave Norrona

 

Nel primo pomeriggio, sotto una pioggia battente, lasciamo Egilsstadir in direzione nord-est verso Grimsstadir dove la n. 890 ci porta direttamente a Dettifoss su uno sterrato facile ma pieno di fango. La cascata Dettifoss è la più grande d'Europa, una vera forza della natura. Pur essendo alta “solo” 44 metri, la sua portata di 500 metri cubi d'acqua al secondo solleva una nube visibile a decine di chilometri e dà origine a un canyon lungo 25 chilometri e alto 100 metri: bellissima!

 

Ulteriori 30 chilometri, quasi senza accorgermene, di sterrato discreto (la pioggia è anche cessata) e giungo ad Asbyrgi, dove una gola dalla caratteristica forma a ferro di cavallo si sarebbe creata, secondo la leggenda, dall'impronta dello zoccolo del cavallo del Dio Odino. Questa gola è uno dei pochi luoghi dove è possibile vedere degli alberi, più precisamente una foresta di betulle.

 

Trovandomi solo in quanto il mio compagno si era fermato a Dettifoss per un “migliaio” di foto da inviare a casa, non entro nel parco il cui ingresso è gratuito, ma punto velocemente verso Mivatn tramite le sterrate n. 861 (bruttina, da guidare in piedi) e 862, discreta. Le moto in Islanda sono ideali: sulle piste dure ci si diverte, osando qualche apertura di gas e godendosi grandi derapate in velocità, ricordando sempre che gestire una bicilindrica carica di bagagli che si mette per traverso è un po' diverso che giocare con una monocilindrica da enduro nel Roero. Giunto all'incrocio con la Ring Road, attendo lì il Mauri per circa mezz'ora, preoccupato per il suo ritardo e ancora di più per il fatto che il mio telefonino non ha collegamento. Dopo un po', non vedendolo arrivare, prendo la direzione del nostro hotel, prenotato dall'Italia sei mesi prima.

 

Cascata Dettifoss

 

Lungo la strada assisto a uno spettacolo di fumi e vapori in una cornice di montagne dagli insoliti colori pastello: è una regione di vulcanismo secondario, con pozze di fango bollente e fumarole fra le quali è possibile girare liberamente a piedi. Fatte alcune foto, senza scendere dalla moto, riprendo la A1 e in breve raggiungo una pompa di benzina indicata con precisione dalla mia mappa (Autokarte Iceland 1:400 000 Freyrag & Berndt). Quindici chilometri mi separano ancora dall'hotel, la strada veloce e sinuosa segue il lago vulcanico... e dopo una curva, in lontananza, vedo una moto con tre fari accesi... una BMW Adventure, è il Mauri!

 

Un po' emozionato, mi racconta che dopo aver fotografato la grande cascata, non vedendomi arrivare, aveva avviato la moto e a gran velocità era ritornato sui nostri passi fino alla A1, dove era rimasto in attesa per qualche tempo. Poi, sconsolato, aveva guadagnato la via dell'albergo al quale era giunto proprio mentre iniziava a piovere e scendeva ormai la sera. In camera, dopo aver dismesso gli abiti da moto e fatta la doccia si era messo alla finestra con la speranza di vedermi arrivare. Ad aggravare la situazione erano anche le telefonate di mia moglie, che chiedeva con insistenza di potermi parlare. Le scuse erano tante: ”è presso la moto a scaricare le borse”, “è in bagno sotto la doccia”. E così, viste le insistenze di quest'ultima, aveva deciso di venirmi a cercare. Mezz'ora dopo eravamo entrambi in hotel e pronti per andare a cena. Dei “disguidi “ e delle eventuali “colpe” non se n'è parlato più per tutto il resto del viaggio.

 

continua...

 

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