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Namibiade - II

Diario di un lungo e approfondito viaggio in Namibia
19 Gennaio 2019

 

segue... 

 

5° giorno 

Colazione al campo e sistemato il pick-up ripartiamo lungo la strada del giorno precedente verso Seeheim, notando che molti paesi indicati sulla carta altro non sono che piccolissimi villaggi, quando va bene. Attraversiamo l’altipiano (siamo oltre i 1.000 m) e raggiunta Aus entriamo in città per far rifornimento, anche qui possibilità di pagare solo in contanti. Da Aus a Lüderitz la C19, asfaltata di recente, altro non è che un nastro di catrame nel mezzo del deserto, se nella prima parte piccoli cespugli verdi fanno da contrasto alla terra rossa, in seguito un deserto chiaro e assolato fa perdere il senso della distanza. Strada e ferrovia corrono parallele nel nulla, solo 15 km prima di Lüderitz ci s’immette nel mezzo delle dune che, spinte dal vento, nascondono la strada. Occorre fare attenzione perché dopo tanti km sempre dritti s’incontrano le prime curve coperte di sabbia. La città di origine tedesca è piccola e posta a ridosso della celebre area dei diamanti, con accessi ristretti, area che ha fatto la fortuna della Namibia. Prendiamo posto allo Shark Island Camp Site in posizione favolosa, al termine di una piccola penisola (tempo fa un’isola) che si trova tra la città e la penisola vera e propria al di sotto del faro cittadino, collocazione fantastica non fosse per il vento che rende la permanenza non facile. Muoversi qui non è semplice, gli accessi alle zone limitrofi sono pochi per via delle miniere di diamanti, oggi optiamo per la zona a nord con tappa finale Agate Beach, ci si arriva con un giro attorno a Nautilus Hill passando per una laguna piena di fenicotteri, laguna protetta da svariati giri di filo spinato con ben specificato di non oltrepassare. Arrivati ad Agate Beach possiamo ammirare l’oceano, percorre la lunga spiaggia ma fare il bagno è pressoché impossibile, la corrente del Benguela lo rende adatto ai pinguini e non agli uomini, una specie di mare d’inverno in estate, un mare con le dune a ridosso e presenza umana ridotta al lumicino, giusto qualche amante del surf. Oltre ai fenicotteri incontriamo i primi springbok e struzzi, animali che in seguito si vedranno a migliaia. Rientrati in città andiamo alla scoperta della città tedesca, partendo dalla Felsenkirche che svetta sulla collina più alta della città per arrivare alla Goerke Haus che non visitiamo perché aperta solo in orari limitati, passando per l’immancabile Berg Strasse dove sarà difficile non pensare di essere in Baviera invece che in Africa. Prima di rientrare abbiamo tempo per un giro nella città bassa tra la vecchia stazione e il vecchio ufficio postale, con sosta al Lüderitz Safaris & tour dove si comprano i biglietti per accedere alla città fantasma di Kolmanskop, negozietto gestito da 2 anziane signore tedesche che paiono uscite da una novella di Guglielmo II di Prussia. Tra loro parlano esclusivamente tedesco, nemmeno afrikaner, ma agli avventori si rivolgono in un perfetto e lento inglese che mette tutti dell’umore giusto. Rientriamo al campeggio con sosta al faro, ora adibito a hotel da dove si gode la vista migliore della città con solito tramonto intenso africano, il vento però è padrone assoluto della zona e prepararci una zuppa è impresa improba, finiamo per sprecare una quantità incredibile di gas ottenendo un passato di funghi troppo acquoso, ma coi mezzi a disposizione difficile fare meglio. Qui durante la notte la temperatura scende, complice anche il vento è il luogo più freddo dell’intero viaggio, occorre serrare bene la tenda, ma fatto questo, a parte la condensa mattutina si dorme beatamente. Percorsi 411 km.

 

Paesaggio lunare sulla strada verso Luderitz - Copyright Pianeta Gaia

                   

6° giorno

Sveglia da porto delle nebbie, par di essere in Bretagna più che in Namibia, il caffè serve a scaldarci perché buttando il naso fuori dalla tenda la temperatura non è certo estiva. Destinazione Kolmanskop, la prima città dei diamanti, ora visitabile perché non più operativa e nascosta dalle dune del deserto che si sono impadronite dell’area. Alle 9:30 ritrovo nello stabile più grande, la sala per le attività ricreative e inizio della visita guidata, predisposta su 3 gruppi, inglese, tedesco e afrikaner. La visita, con tanto di prova musicale, si aggira solo per le strutture più prossime, poi all’interno dell’area ben delimitata si può vagare a piacere senza limiti di tempo. Le costruzioni fatiscenti coperte dalla sabbia emanano un grande fascino, la vista spazia fino all’area iperprotetta (CDM Boundary) ed è un piacere entrare e uscire da queste costruzioni un tempo all’avanguardia, dove si trova perfino un campo da bowling. Vista tra le nebbie incute ulteriore incanto, fortunatamente quest’atmosfera regge fino al termine della nostra visita, uscendo da Kolmanskop (che si trova di fronte all’aeroporto cittadino, 8 km ad est) il sole ha il sopravvento, situazione ideale per iniziare a scoprire la penisola di Lüderitz prendendo la strada che corre verso sud a fianco delle lagune e della Radford Bay, dove i fenicotteri dedicano la totalità del loro tempo nel procurarsi cibo. Si attraversa il pan posto a sud della Second Lagoon perché non si può entrare nello Sperrgebiet, l’area protetta dei diamanti, e lì risaliamo la penisola per arrivare a ogni singolo punto degno di nota (per questa escursione meglio affidarsi alle indicazioni delle vecchie LP invece della nuova). L’asfalto termina ma la maggior parte dei sentieri è in buono stato, prima sosta allo Sturmvogelbucht, posto di balenieri norvegesi, si trova ancora una stazione di sosta e una vertebra di balena rende ben connotato l’ambiente, da lì dista poco il luogo più celebre della penisola, Diaz Point con la Diaz Cross. Nei paraggi del Diaz Point ci sarebbe pure un campeggio, se solo il vento lasciasse vivere, dalla piattaforma dove si trova la croce del navigatore portoghese Diaz si gode la miglior vista di tutta la penisola. Il deserto termina a ridosso del mare, giallo e blu a stretto contatto, da qui si possono rimirare le otarie del Capo giocare nelle onde, i pinguini che fanno base all’isola di Halifax e anche alcune balene che girano al largo del capo. Qui c’è l’unico ristorante della penisola con un’enorme roccia che indica che tempo che fa, con ogni versione che porta alla pioggia o al vento, sono loro i primi a scherzarci sopra. Scendiamo verso sud costeggiando l’oceano per entrare in tutti i vari posti indicati, per queste escursioni però meglio utilizzare il 4x4: Knochen point, Essy Bay dove facciamo tappa per uno spuntino in autonomia, Wimuur, Rocky Bay, Eberlanz Höhle raggiungibile solo a piedi superando le colline che si affacciano sull’oceano, Fjord e il successivo Kleiner Fjord (dimenticate i fiordi norvegesi…) per arrivare alla grande baia con spiaggia di Grosse Bucht, frequentata solo da qualche pescatore. Da questo punto lungo un percorso accidentato risaliamo al Klein Bogenfels dove il promesso grande arco non mantiene in pieno le promesse. Qui l’esplorazione della penisola ha termine, oltre né a sud né a est è possibile spingersi causa zona di restrizione per diamanti, si passa da sanzioni immediate all’arresto, ma le guardie sono autorizzate nel caso a sparare, fate voi. Rientriamo in città buttiamo una nuova occhiata agli immancabili fenicotteri, in città sosta al bottle shop Grillerberger gestito da un tedesco simpatico che ci racconta un po’ di storie sulla città e alla domanda su che liquore consiglierebbe della Namibia, abbraccia le birre e dice con orgoglio che queste sono la vera Namibia! Dobbiamo nuovamente far sosta a un ATM perché l’abitudine di non poter pagare il carburante con le carte di credito ci mette velocemente a corto di contante, se non si trova la Standard Bank un prelievo di 2.000$ ha vita corta considerando che un pieno di benzina si aggira sugli 800$. Arriviamo in campeggio giusto in tempo per l’ennesimo tramonto da cartolina, il vento nuovamente si alza impetuoso ma per preparare la cena usiamo un anfratto in buona parte protetto che hanno predisposto turisti sudafricani, i quali pongono sempre al primo posto la questione cibo. Così fatichiamo molto meno per portare alla temperatura giusta di cottura gli spaghetti, un’alternativa alle numerose zuppe, completando la cena, come sempre sia prima che dopo di oggi con l’immancabile scatola di tonno, servito nelle varianti con olio, oppure con verdure o fagioli. I sughi al pomodoro e verdure varie presi sul posto si riveleranno tutti scarsi, dolci e senza la minima differenza tra un verdura e l’altra, giusto un di più alla pasta. Un buon caffè caldo per prepararci alla notte in tenda, tenda che trovo già come una comoda stanza, il non doverla montare e fissarla con picchetti rende l’utilizzo molto più veloce, accomodante e pratico. Percorsi 88 km.

 

Il surreale Duwisib Castle nel mezzo del deserto del Namib

                 

7° giorno

La sveglia ci regala una mattina meno uggiosa della precedente, fresca ma soleggiata, terminata la colazione tempo per la spesa allo Spar locale in pieno centro e per rifornire di carburante il pick-up, pagamento solo in contanti, e quindi si parte rifacendo la C19 fino ad Aus, oltrepassata la quale prendiamo in direzione nord lungo la C13 con indicazione Helmeringhausen, strada non asfaltata, alcuni orici ci osservano lungo il percorso. Dopo 58 km svoltiamo a sinistra per una strada minore, la D0707, comunque ben tenuta ma con viste mozzafiato (deviazione che mi è stata segnalata appositamente), il paesaggio passa dalle montagne alle prime dune rosse, sovente la strada è una linea retta nel nulla, qualche animale all’orizzonte ma non costituisce mai un problema perché anche qui nel mezzo del nulla il percorso è sempre protetto dal filo spinato. Si iniziano a vedere gli enormi nidi collettivi che fanno corpo unico attorno agli alberi, se ci si avvicina è una fantasia di volatiti di ogni tipo e colore. Dopo oltre 120 km, che stacchiamo con una pausa sotto ad un enorme albero visto che qui sul tropico trovare ombra è un’impresa disperata (oltre alla tante veloci soste per foto), giungiamo al bivio con la C27 che prendiamo in direzione nord, dove questa si congiunge alla C3 si trova un distributore di benzina, come ormai abitudine solo contante, e il camping Betta’s, e per oggi facciamo tappa qui dove siamo gli unici avventori della giornata. Al solito lasciamo tavolo e sedie a presidiare un’area per proseguire a visitare un’anomalia nei paraggi, il Duwisib Castle, un castello che pare trapiantato dalla Baviera in pieno deserto. Colpisce di più la vista da lontano che la visita all’interno anche perché proprio ora lo stanno trasformando in un lodge con ristorante esclusivo, resort posto nelle immediate vicinanze mentre il ristorante prende la corte interna. Fa comunque strano girare per stanze che più vecchia Prussia non si può, anche se la visita dura solo 7 stanze. Ma pare un luogo in rampa di lancio turistica, c’è un merchandising incredibile per questo posto, anche se mi sorge qualche dubbio sulla vendita di tutto il materiale presente date le poche persone che da qui transitano. Rientriamo al camp e terminato di sistemare tenda, attrezzatura per la cena e aver approfittato di splendidi bagni che paiono non aver visto gente da settimane, è tempo anche qui per uno splendido tramonto. Il vento della sera si alza ma non causa grossi problemi nella gestione del fornello a gas. Percorsi 372 km.

 

La celeberrima Duna 45 con l'iconico albero che la precede - Copyright Pianeta Gaia

 

8° giorno

Terminata colazione partiamo immediatamente verso nord destinazione Sesriem, la porta di accesso per Sossusvlei all’interno del Namib-Nasikluft Park, l’icona namibiana per eccellenza. Ma prima di arrivare occorre segnalare come lungo la C27 si godano scenari incantevoli attraversando riserve come la Namibrand. Arriviamo al Sesriem Camp Site prima di mezzogiorno, il camp lo avevamo prenotato prima di partire, scelta strategica per poterci muovere all’interno del parco con ampi margini rispetto all’alba e tramonto. Alla reception si acquista pure il permesso di visita, ci sistemiamo sotto un possente albero, le piazzole dotate di allacci per l’energia elettrica, acqua e lampada per illuminare sono molto distanti le une dalle altre, ma tutte hanno servizi igienici nei paraggi, anche se come in tutte le aree della NWR non c’è wi-fi, o meglio c’è ma è protetto e non vengono fornite password ai clienti. Siccome le viste migliori del parco sono in corrispondenza del tramonto e dell’alba, inganniamo il tempo visitando il vicino Sesriem Canyon, una profonda gola lunga oltre un chilometro alla quale si può accedere al fondo da un passaggio non indicato posto circa a metà del canyon. Una volta scesi (percorso agevole su gradini naturali) girando a sinistra e percorrendo il sabbioso letto del fiume si può arrivare a una sorgente, occorre oltrepassare alcune grandi rocce ma nulla di pericoloso, i giochi di luce portano una visione di un verde incredibile. Occorre camminare raso alle pareti per sfruttare quel minimo di ombra possibile fornita, la temperatura passato da poco il mezzogiorno è elevata, ed è un vero e proprio toccasana quando rientriamo ritemprarci con acqua fredda nel fido frigo in dotazione. Appena entrati nel parco vero e proprio, sulla destra c’è una deviazione per la Elim Dune, la prima duna rossa completamente composta da sabbia e niente altro. È possibile salire ma la temperatura della sabbia è realmente ustionante, occorre avere scarpe chiuse, con sandali o ciabatte non si riescono a far più di due passi. Lo scenario del Namib, anche se siamo appena all’inizio, pare già splendido, appena saliti si rimira un grande albero al di sotto del quale placidi springbok si riposano dal caldo. È ancora presto per proseguire verso il cuore del deserto, così rientriamo al camp con una veloce sosta per collegarci al mondo con un servizio internet ondivago al Sossus Oasis. La meta della giornata è la fantomatica Duna 45, così chiamata perché situata appunto in concomitanza col km 45 della strada del parco. Entriamo nel parco ben prima del tramonto, il limite dei 60 km/h non è rispettato quasi da nessuno, veniamo sorpassati più volte procedendo a quella velocità, ma il bello è rimirare le dune rosse che pian piano diventano padrone del territorio da tutte le parti. Ogni duna che si profila all’orizzonte pare ancor più bella, ma non si può lasciare la strada che taglia il deserto, asfaltata e in ottime condizioni. Solo quando giungiamo alla Duna 45 situata sulla sinistra c’è una deviazione con parcheggio per uscire dal mezzo e poter salire sulla cresta della duna. Fortunatamente quasi nessuno compie l’escursione tanto che dopo aver rimirato la duna da più punti ci chiediamo se effettivamente sia possibile salirci. Il dubbio viene chiarito da due ragazze tedesche che senza indugi partono, così dopo aver testato che la temperatura della sabbia sia addirittura fresca, lasciamo le calzature e anche noi ci incamminiamo. La duna è alta 150 metri, la prima parte è facile da scalare, poi pian piano si fa sempre più difficoltosa perché la sabbia più fine fa sprofondare e il caldo emerge, così anche fermarci per le doverose foto è un sollievo e uno scotto. Ma la Duna 45, la più celebre del Namib e di conseguenza la più celebre del mondo, merita ogni attenzione, perfetta, sinuosa, alta e dai colori in perenne mutazione, quando il sole è ancora alto è di un ocra spinto, al tramonto pare fuoco, gli alberi che vi si specchiano sono un’immagine fascinosissima. Scendere è un obbligo altrimenti da qui non ci staccheremo se non col buio totale, soggiornando nel camp del parco abbiamo più tempo a disposizione, ma alle prime avvisaglie di sole calante iniziamo il rientro che dura 45’, anche se altre persone trattenutesi più a lungo non si preoccuperanno del limite imposto. Varchiamo il cancello interno alle 20:30, pochi minuti prima della chiusura, chi non soggiorna qui deve lasciare il parco tassativamente al tramonto, indicativamente 19:35, non proprio il massimo. Dopo esserci goduti uno spettacolo del genere qualsiasi cosa proponga la cena va bene, ci prepariamo a dormire in anticipo rispetto al solito perché la prossima sveglia sarà anticipata. Percorsi 251 km.

 

continua...

 

Namibiade - I

 

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