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17° giorno
Partiamo per il Parco Nazionale Torres del Paine. Qui tutto costa come l’oro, dimenticate di essere in Sud America, vi fanno pagare anche le buste dello zucchero! Entrare al parco costa 10.000p, poi il bus vi può scaricare in tre punti: all’ingresso, all’imbarco del catamarano oppure al termine del percorso. Noi prendiamo il catamarano per attraversare il lago Pehoe e raggiungiamo il camping che si trova presso il rifugio. Avevamo prenotato le tende da Puerto Natales, così le troviamo già montate. Una doppia costa 6500p, il posto nel camping 3500p, poi se non avete sacco a pelo e materassino dovete aggiungere circa altri 5000p (noi ne eravamo provvisti, quindi non so il costo esatto). Da qui il percorso più bello per una giornata è quello che va verso il lago/ghiacciaio Grey. Andata e ritorno sono 22 km, in 7 ore si fa. Non è particolarmente difficile, c’è solo una mezz’ora di pietraia ma non spaventatevi. Il tempo non è il massimo, ogni tanto piove, e i colori sono spenti così la vista del ghiacciaio non è spettacolare come si poteva immaginare. Rientrati usufruiamo dei bagni che sono gratuiti, ma affrettatevi perché se aspettate che faccia buio poi troverete anche le luci spente. Noi avevamo preso il cibo da Puerto Natales, in alternativa c’è un piccolo spaccio carissimo, in media le cose costano 3/4 volte di più, oppure il ristorante del rifugio sempre a prezzi improponibili.
Parque Nacional Torres del Paine, sullo sfondo le omonime torri, Cile
18° giorno
Ascoltati gli orari della cena presso il rifugio (è l’ultimo giorno dell’anno, vorremmo non dico festeggiare ma almeno mangiare decentemente) partiamo verso il campamento italiano. È un bel giro di circa 16 km, oggi c’è il sole e i colori dei laghi sono impressionati. Il Pehoe pare finto e anche a noi non sembra sia lo stesso del giorno prima. Mentre camminiamo iniziamo a scorgere i corni del Paine, le famose torri si vedono solo dalla laguna Amarga (i bus in entrata si fermano appositamente) e dal belvedere dopo il campamento cileno nel lato opposto del parco. Da qui si può salire al campamento britannico, circa 1:30 ma il percorso si fa difficoltoso, poi altri 20 minuti per arrivare al belvedere dei corni. Tutto questo giro misura 26 km, molto più impegnativi di quelli in direzione del lago Grey. Al ritorno al rifugio c’è stato un cambio di orari così non ci danno da mangiare, rimediamo qualcosa presso lo spaccio a prezzi assurdi. C’è un quincho dove si può far da mangiare ma occorre avere pentole e posate. Grazie a una gentilissima coppia di Bressanone (dal passo montano pauroso!), scrocchiamo un caffè e della birra per festeggiare l’anno nuovo. Ci sarebbe anche il bar del rifugio, ma a mezzanotte nessuno si affaccia al bancone nonostante le intemperanze di Cristian che ricorderà a lungo lo scoccare di questa mezzanotte. Dopo si può trovare anche un po’ di festa, se proprio così la volete chiamare.
Glaciar Grey, Parque Nacional Torres del Paine, Cile
19° giorno
Potremmo anche dormire a lungo visto che la prima corsa del catamarano oggi non c’è, così dobbiamo aspettare le 13:00 e, quando arriviamo all’entrata del parco, è troppo tardi per andare al campamento cileno. Non ci rimane che scendere poche centinaia di metri a piedi fino a vedere le famigerate Torri del Paine. Si riprende il bus per rientrare a Puerto Natales, dove ritorniamo presso lo hostal di prima. Fortunatamente gli è arrivata la voce che non saremmo tornati il giorno prima, comunicazione inviata via radio da un guardiaparco a una amica che avrebbe dovuto avvisare una persona nell’agenzia di fronte allo hostal e da lei al proprietario. Ma radio bemba ha funzionato, così possiamo tornare a “litigare” col danese, che però racconta anche storie di qui, ovvero della fine del cono austral dove tutti alla fine arrivano. Cena presso ristorante vicino al porto. Qui i posti non sono eleganti come in centro ma sono molto più caratteristici.
Lago Pehoé, Parque Nacional Torres del Paine, Cile
20° giorno
Alle 7:00 parte il bus con destinazione Ushuaia. Non c’è bus diretto, oggi dobbiamo fare tre cambi per arrivare. La prima sosta è in mezzo al nulla al Cruces de Punta Arenas, dove veniamo caricati da un bus che ci porterà fino a Rio Grande. Nel mezzo c’è il traghetto sullo stretto di Magellano, con un tempo tipicamente patagonico che saluta la fine di un continente e due frontiere. La dogana cilena ha procedure abbastanza veloci ma casuali, i passaporti vengono messi un po’ in qua e là, comunque sempre meglio di quella argentina che ci accoglie dopo 30 km. Vorrebbero fare le pratiche col computer, ma in realtà dopo averci provato bisogna tornare al metodo tradizionale, rallentando di molto il passaggio. Da notare che in tutta questa perdita di tempo non controllano nulla. Con l’arrivo dell’Argentina c’è anche il ritorno dell’asfalto. Gente di qui ci ha raccontato che in Terra del Fuoco i rapporti tra i due stati siano ancora pessimi dai tempi della guerra delle Falkland/Malvinas quando i cileni diedero l’appoggio territoriale e spionistico agli inglesi. Così per evitare lo sviluppo soprattutto turistico di Ushuaia e dintorni non hanno mai asfaltato la strada di collegamento. A Rio Grande altro cambio di bus, a seconda di quanta gente parte per la Fin del Mundo decidono sui bus, noi dobbiamo attendere un minibus, che parte in ritardo ma recupera alla grandissima. Arriviamo a Ushuaia e ci accorgiamo da subito di trovarci in un luogo molto turistico. Troviamo da dormire presso un e i ragazzi che lo gestiscono ci consigliano un tenedor libre dove andare a ingozzarci di carne argentina. Qui sono locali normali, si possono fare i giri che si vuole e il prezzo è fisso. La Rueda è una dei migliori, costa qualche pesos in più degli altri ma li vale tutti. Alle 23:30 il cielo sopra Ushuaia ci regala colori incredibili, e anche l’aria è diversa da tutto quello incontrato in precedenza.
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