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17° giorno
Colazione in hospedaje e poi risaliti al solito parcheggio dobbiamo cercarci un passaggio per Cruce El Vagabundo. Ci sarebbe stato un bus per Cochrane, ma facendo noi soli pochi km l’autista ha preferito caricare gente che facesse tutta la tratta. Fortunatamente un gruppo di turisti di Santiago sta rientrando, così ci caricano sul loro pick-up scaricandoci un po’ perplessi al crocevia nel bel mezzo del nulla ad attendere un bus che forse passerà 6 ore dopo. Al crocevia non c’è niente, solo le costruzioni degli operai addetti alla manutenzione della C.A., ma visto il periodo sono a casa per le vacanze e le loro baracche son chiuse. Quando inizia a piovere riusciamo ad aprire una specie di voliera coperta dove spostando una cassa troviamo anche da sedere. Nelle 6 ore di attesa son passati diretti a sud un camion per trasporto animali, 2 jeep piene all’impossibile, 2 uomini a cavallo, 2 cani ed una capra. Possibilità di autostop (dido come si dice qui) scarsine. Quando arriva il bus Los Ñadis siamo le persone più felici sulla terra. Lo avevamo prenotato a Cochrane, non so se avesse posto perché abbia rispettato la prenotazione o perché si erano liberati lungo il percorso, ma è meglio prenotarlo in anticipo. Non ci sono corse regolari, dipende dai giorni, ed a cavallo della fine dell’anno per vari giorni non si muove. Dopo 1 ora raggiungiamo Puerto Yungay dopo aver affrontato di tutto lungo la C.A. Il paese è costituito da non più di cinque case, ma qui ci si imbarca sulla barcaza Padre Alberto Ronchi (gratuita, 1 ora) per attraversare il fiordo Mitchell fino a Rio Bravo (non c’è paese, è solo un posto dove si incontra la strada). Da qui Villa O’Higgins non sarebbe lontana, ma è un susseguirsi di laghi, foreste e fiordi e la C.A. deve fare infiniti giri per continuare. Lo scenario è però di una bellezza unica, e con la pioggia che lascia spazio ai primi accenni di tempo in ripresa lo sguardo rimane incollato al finestrino. Villa O’Higgins è l’ultimo luogo raggiunto dalla Carretera Austral, oltre non è più possibile spingersi in auto. Il senso di isolamento è totale, ma la gente del luogo lo vive senza affanni, ormai abituati ai viandanti che qui arrivano a completamento di un percorso come raramente è possibile fare in altri luoghi del mondo. Alla fermata del bus incontriamo Jorge, un gallego che vive qui e che ha messo su un piccolo camping, trasformando la sua casa in mini ostello. Ci porta in giro per il paese e ci da tutte le informazioni sul come andare in Argentina. Alla domanda del perché si sia trasferito a vivere quaggiù, ci risponde sorridente: “Porquè estoy loco!”. La nave sul lago O’Higgins ci sarebbe in effetti il mercoledì ed il sabato (oggi è sabato), ma causa vento non è partita e così ritenterà domani. Ci organizziamo per le provviste e per i passaggi. L’ufficio di Hielo Sur vende il passaggio della nave per Candelaria Mansilla da dove iniziano i 20 km da fare a piedi, quello della nave alla Laguna del Desierto in Argentina e quello del bus per poi raggiungere El Chalten. Si può pagare con pesos cileni ed argentini, dollari ed euro (meglio farlo con pesos cileni) ma non con carta di credito. Jorge ci porta a mangiare da Salchi Pap Genesis, in pratica casa di una signora del posto che fortunatamente non ha solo salmone. Una volta sceso il sole la temperatura precipita, unita al vento costante occorre essere coperti bene per poter girare per l’ultimo angolo di Cile dove odorare la sensazione di fine del cammino. A casa di Jorge incontriamo di nuovo la coppia israeliana (Nedev e Chamina) che viaggiano per un anno in Sud America reduci dal servizio militare (3 anni per gli uomini e 2 per le donne) e Ann, una statunitense di Bolder in Colorado qui in bicicletta con carrellino al traino. Entrambi faranno la traversata per l’Argentina con noi domani, così s’inizia a parlare di quanto ci aspetterà, nel bene e nel male, di questa impresa tanto celebrata dalla Lonely Planet, anche perché altrimenti bisognerebbe ritornare per il medesimo percorso impiegando tanti giorni.
18° giorno
Colazione al volo in hostal, poi Jorge ci porta alla partenza della nave che attraversa il lago O’Higgins nella parte cilena fino a Candelaria Mansillia (la parte argentina del Lago si chiama San Martin, dal nome del libertador). Arriviamo alle 8, partenza prevista per le 8:30, e fortunatamente le condizioni del vento permettono di salpare. La traversata dura 2:30h (comprese le soste presso le abitazioni di veri pionieri che riforniscono le guide di buon cordero già pronto all’uso), la nave serve Candelaria Mansillia (dove è possibile dormire e mangiare in hostale ristorante, seppur spartani) ma va anche ad esplorare i vicini ghiacciai. Sbarcati trattiamo un cavallo per portare gli zaini, un cavallo ne può portare fino a 3 e chi vuole può affittarlo anche per fare tutto il tragitto. Sbrigate le procedute alla dogana cilena (velocissime) si parte per affrontare i 20km di attraversata. Il tempo non è il massimo, qualche goccia di pioggia, però in lontananza già si vede che si sta aprendo. La prima ora è in costante salita, poi raggiunto il bosco il percorso diventa molto più lieve, fino a raggiungere la Laguna Redon.
Il canyon del Rio de las Pinturas
da dopo circa 2h di cammino. Qui occorre attraversare il fiume guadando perché il ponte è rotto, poi si continua verso la Laguna Larga che si raggiunge dopo circa 1:30 ore passando per il punto di confine segnalato da 2 cartelli e nulla più. Una volta entrati in territorio argentino il percorso diventa un piccolo sentiero che si snoda all’interno di un bosco molto più fitto intervallato sovente da ruscelli. La parte finale verso la Laguna del Desierto è di circa 1:30 ore, con forte discesa finale. Prima di questa, è possibile vedere la laguna, e se il tempo è clemente lassù in alto si staglia il Fitz Roy, la montagna simbolo della Patagonia argentina. Le nuvole la ricoprono costantemente, ma per circa 30” ho avuto la possibilità di vedermi questa immagine unica, tra l’altro da una prospetiva differente a quella che regolarmente vien proposta del Fitz Roy. Dopo 5 ore noi quattro che a piedi abbiam fatto il percorso siam già registrati presso la gendarmeria argentina, e aspettiamo i bagagli che devono arrivare coi cavalli. Ma dopo oltre un’ora non sono ancora in vista e la barca che attraversa il lago se ne va perché si alza il vento e rimarrebbe bloccata, così solo Hans, un tedesco di Kiel che ha affrontato il percorso con in spalla i 30 kg dello zaino completo, se ne può andare. Noi dobbiamo fermarci, i ragazzi della gendarmeria son felicissimi perché così la serata si anima, mentre il responsabile pare più intento a farci pesare i costi che devono affrontare per ospitarci che il piacere di incontrare qualcuno quassù nel mezzo del nulla. Veniamo messi in un rifugio a fianco, sfruttando gentilmente i servizi igenici della gendarmeria. Una volta arrivati i cavalli con la coppia israeliana ed i bagagli ci sistemiamo e ceniamo con uno splendido stufato pieno di tutto che basterebbe a sfamare un reggimento. Da bere ovviamente non manca il vino, gli argentini devono esibirlo come simbolo di primato nei confronti di quello cileno. Poi il capo inizia ad aprirsi e racconta ogni storia relativa al confine, alla magnificenza argentina ed al peggio che ci sia in zona, ovvero i cileni. La gendarmeria fu costruita nel 1980, inaugurata dal Generale Galtieri, quello che dichiarò guerra alla Gran Bretagna per le Malvinas (qui chiamatele così e non Falklands), per proteggere il territorio dalle incursioni cilene, che all’epoca facevano da supporto logistico per gli inglesi. Proprio oggi in Argentina c’è l’entrata in vigore dell’ora legale, così il sole inizia a calare verso le 23 e a mezzanotte qualche bagliore di luce si specchia ancora sulla laguna. La vista della laguna è magnifica, non fosse per un vento pungente si rimarrebbe a lungo a rimirare questo paesaggio incantano. Nei pressi del rifugio c’è un corso d’acqua che viene da noi utilizzato per recuperare l’acqua, visto che nel rifugio manca tutto, acqua, riscaldamento, luce, c’è solo qualche coperta per chi viaggia col sacco a pelo modello spiaggia romagnola… Per chi ha la tenda qui si può anche campeggiare, ma ancoratela con grande attenzione, il vento ulula forte e costante per tutta la notte, ed in estate ci vien detto che questa situazione è comune ad ogni giorno.
19° giorno
Ormai in gendarmeria siamo di casa, così facciamo colazione e ci sentiamo qualsiasi storia i ragazzi di servizio (40 giorni filati quassù poi 8 di licenza) han voglia di raccontare mentre svolgono le pochissime incombenze che capitano (in pratica la sostentazione di sé stessi, la registrazione dei passanti 2 giorni alla settimana quando in Cile c’è la barca sul lago e forse qualche mantenimento dei sentieri nei paraggi), il tutto aspettando che la barca venga a recuperarci. Prima di partire lasciamo un obolo in gendarmeria per vitto e alloggio. Chi non ha pesos argentini come me finisce per lasciare 10.000 pesos cileni, che accettano volentieri ma che immagino faranno fatica a cambiare. Con la barca il primo tentativo di recuperarci è fallito, così solo nel primo pomeriggio possiamo traghettare (20’) ed arrivare nel lato sud della laguna. Lì dopo circa 2 ore arriva a prenderci un trasporto Las Lengas che in poco più di un’ora ci porta a El Chalten. Tempo pessimo, come quasi sempre qui, un mondo di gente tanto che è difficile trovare un posto da dormire. L’autista ci lascia ad un albergo dove ci accettano anche senza soldi locali, e per la prima volta in vita mia scopro la forza della moneta di casa mia. Non solo ci accettano gli euro per pagare ad un cambio migliore della banca senza commissioni, ma me ne cambiano quanti ne voglio. Arrivando da un mondo nascosto ci eravamo dimenticati che era l’ultimo giorno dell’anno, quindi trovare da mangiare non è così facile senza prenotazione. Girare per El Chalten col vento che ci spazza via non è semplice, fortunatamente troviamo un luogo per cenare dove incontriamo nuovamente la nostra amica statunitense Ann arrivata qui con la sua bicicletta e carrellino e con la quale festeggiamo l’inizio del 2008. Fuochi e botti anche quassù, anche se le luci dei fuochi si mischiano ancora con qualche luce del giorno.
20° giorno
Il primo giorno dell’anno si presenta pessimo, piove, tira un vento bestiale e fa freddo, non importa chiederci dove siamo, la risposta è ovvia, El Chalten (il fatto che non ci fermiamo a veder nulla è dato dal fatto che in un precedente viaggio già passammo da qui, altrimenti i dintorni sono obbligatori!). Visto che nel nostro hostal pare non esserci il collegamento internet funzionante, per organizzarci dobbiamo andare in un posto pubblico, e qui costa come l’oro (12p l’ora, in altri luoghi dell’Argentina si trova anche a 2p l’ora…). Troviamo un passaggio per il primo pomeriggio con Chalten Travel potendo pagare con carta di credito, e cerchiamo un posto per colazione ma vista la giornata quasi tutto è chiuso. Solo il carissimo Del Bosque è aperto, poi sempre sotto al diluvio prendiamo un bus stipato all’incredibile. Dopo nemmeno 30’, prima di immetterci sulla RN40 il tempo volge al bello ed a El Calafate pare estate, con tutto esaurito ovunque. Il posto ci serve come base logistica per prelevare dal bancomat ed incontrare un passaggio per il nord via RN40. Ottenuto con estrema facilità il tutto (solo il mochilero del terminal è chiuso, ma gentilmente la compagnia con cui viaggeremo ci tiene gli zaini) ci facciamo un giro in città, finendo di nuovo per incontrare Ann con cui ci facciamo la vera ultima cena recuperando ottimi panini da una delle tante panaderias della città e parlando della situazione statunitense senza più freni visto che ormai siamo amici di lunga data. Poi col bus Taqsa (14h) partiamo per Perito Moreno, il paese, da non confondersi col ghiacciaio, col parco o col lago. L’importanza di Francisco Moreno e del suo trattato sulle acque in Argentina è fondamentale, da questo il fatto che il nome sia su di ogni luogo differente. In bus servono un semplice pasto con aranciata e caffè, ma per chi ha fame è meglio portarsi qualcosa al seguito.
21° giorno
Arriviamo a Perito Moreno di prima mattina col sole a picco ed un vento fortissimo, ed a noi si unisce una ragazza belga che sta facendo il percorso inverso al nostro. Troviamo da dormire presso uno stranissimo tipo, Raul, nel suo minicamping che ha nel bel mezzo un bunker circolare. Cosa stranissima ma economica, con bagni che Raul tiene sempre incredibilmente puliti. Il paese pare addormentato, non c’è molto da vedere e usiamo la giornata per organizzarci per l’indomani, facendo spesso avanti ed indietro tra un posto e l’altro perché quasi sempre tutto è chiuso. Il posto di riferimento è l’hotel Belgrano, il gestore vi può ragguagliare su tutto, poi dopo aver visto che la laguna riportata sulle mappe al momento è secca decidiamo di riposarci per poi cenare. Il cuoco è in ferie, solo pizza, ma sarà la fame, pare anche buona. Finiamo la serata a casa da Raul che ci aveva invitato per un caffè. Inizia a raccontarci storie, racconti e poesie nella sua maniera da matto, poi nell’introduzione di un suo libro leggo che in effetti è stato rinchiuso varie volte in ospedale psichiatrico a Buenos Aires prima di scappare e nascondersi quaggiù. Personaggio indimenticabile, sembra appartenere ad un altro mondo e ad un’altra epoca, il suo modo di essere è talmente contagioso che ci accorgiamo che la maggior parte dei viandanti che si fermano a Perito Moreno non si sa perché ma fanno tappa da lui. Che sia un letterato è dimostrato, i suoi libri pubblicati sono veri, in più le sue origini libanesi l’hanno portato a tradurre in ebraico svariati libri di scrittori argentini, insomma un vulcano di parole, proprio come il vulcano Llaima che oggi in Cile ha eruttato coprendo di cenere una zona poco a nord di qui, dove dovremo passare tra qualche giorno.
L'interno della Cueva de las Manos - Archivio Fotografico Pianeta Gaia
22° giorno
Con fantastiche paste comprate il giorno prima in panaderia facciamo colazione col caffè che Raul ci tiene ad offrirci, poi con Zoyan tour ce ne andiamo a visitare la Cueva de las Manos (patrimonio mondiale dell’UNESCO), insolito posto dove gli indios Tehuelces vissero e decorarono col le loro impronte delle mani un grande e profondo canyon. Occorrono quasi 2 ore per arrivare alla fattoria di accesso dal lato nord, poi si raggiunge la parte alta del canyon attraversato dal Rio de las Pinturas dove si scende per un ripido sentiero fino ad attraversare il fiume. Da lì si risale al posto delle guide (si può accedere solo con guide) che ci portano a visitare le tante zone dipinte. Fa veramente impressione tutto quanto si può ammirare, i colori sono ancora splendidi, non è un caso che si trovino in una zona che non riceve mai il sole, e la guida è veramente una fonte di notizie inesauribile. Occorre un po’ più di un’ora per vedere le varie cuevas (dove però ora non si può più entrare), tra le tante impronte svetta quella con 6 dita che ci vien detto come frutto di una malformazione dovuta ai rapporti tra parenti che all’epoca erano normalità, poi continuiamo a seguire il canyon fino ad attraversare di nuovo il Rio de las Pinturas (questa volta guadando) e risaliamo in un altro punto rispetto alla discesa della mattina. Al di là della Cueva lo scenario è splendido ma occorre proteggersi bene dal sole, per via del vento non si sente tanto ma batte imperterrito per tutta la giornata. La camminata non difficoltosa dura poco meno di 5 ore, tutto la giornata dalle 8 alle 16:30. Rientrati da Raul ci imbattiamo in Gerardo, un ingegnere di Neuquin che sta visitando questi luoghi in bicicletta e che avevamo incontrato alla Laguna del Desierto (piccolo il mondo). Ceniamo molto bene, poi si rientra da Raul per una serata di folli racconti. Assolutamente da leggere i libri degli ospiti, il personaggio colpisce l’immaginario di tutti quanti si sian fermati negli anni, veramente la dimostrazione dell’arte allo stato puro che inquieta e regala emozioni. Ci si fa notte fonda coi suoi racconti, ma tanto domani per me e Marco sarà una lunga giornata di bus, per Tanya anche ma verso sud e Gerardo partirà in biciletta senza troppi impegni, quindi non c’è nessun problema.
23° giorno
Solita colazione da Raul con paste della panaderia poi col bus Chalten travel (si prende di fronte all’hotel Belgrano, ma volendo ferma lungo tutta la San Martin) saliamo lunga la RN40 verso Bariloche. La prima parte fino a Rio Mayo è tutta in ripio, poi in direzione Gov. Costa incontriamo l’asfalto. Sul bus c’è poca gente, e c’è anche una guida che può organizzarvi ogni cosa in Bariloche, Fernando. Altra sosta presso una animita dedicata al Guachito Gil (patrono dei camionisti, ma idolo di chiunque in Argentina) poi ultima fermata a El Bolson. Ultimo tratto costeggiando uno dei tanti laghi che si trovano nella zona del P arco Nazionale Nahuel Huapi, poi a Bariloche Fernando ci ha prenotato un posto presso un hostal dove veniamo portati dallo stesso bus di linea mentre l’autista se ne torna a casa. Per il giorno dopo la sua agenzia avrebbe una visita di tutti i dintorni, ma ci dice che forse salta e ci propone di portarci lui a fare il giro con soste dove preferiamo noi spendendo di meno. Ovviamente accettiamo il piano per il giorno seguente, poi ci facciamo un giro per Bariloche (dove fino alle 23 c’è una bella luce e sulle spiagge del freddo lago gente fino alle 22), uno dei tempi del turismo argentino, attivo sia in inverno per gli sciatori sia d’estate per gli amanti della montagna in generale. Il posto è ovviamente superaffollato, ma ci si sta molto bene anche perché oltre al centro storico di questo posto preferito in primis dai gerarchi nazisti scappati dopo la seconda guerra mondiale, la città si estende lungo il lago Nahual Huapi per oltre 35 km. Ceniamo in un locale spagnolo e prima di rientrare facciamo anche un giro in centro, una abitudine che da giorni avevamo perduto.
24° giorno
Colazione in hostal, poi puntualissimo Fernando, a nostra disposizione per tutto il giorno con soste dove vogliamo e possibilità di cambiare in qualsiasi momento itinerario, ci recupera ed in auto costeggiando il Lago Nahual Huapi arriviamo a Llao Llao dove saliamo al cerro col medesimo nome (30’). La vista è spettacolare, si intravvedono laghi in ogni direzione, non è facile capire se si parli dello stesso lago, di vari o di lagune che si formano tra un lago ed un altro. Anche la vegetazione è particolare, con predominanza dell’albero di Coyhue (usato in prevalenza per la costruzione dei pontili dei moli), insomma iniziamo a capire perché questo luogo sia così popolare all’interno dell’Argentina. Scesi dal cerro continuiamo verso Colonia Suiza e da lì a Villa Catedral. Questo è il centro sciistico principale della nazione, gli impianti ora sono chiusi perché di neve non c’è traccia, ma alcune funivie funzionano per salire al lato del cerro. Con 2 di queste saliamo a 1.900 m, poi raggiungiamo a piedi i 2.100m da dove si gode una vista incantevole. La giornata è incredibile, nessuna nube e nemmeno un filo di foschia, così le vette principali della Patagonia son tutte visibili, dal Tronador (il più vicino) col suo grande ghiacciaio, fino al Volcan Lanin (che dista 180Km) passando per i vulcani cileni riconoscibili ovunque per le loro forme particolari. In primo piano il Puntiagudo che pare uno sperone e poi, ovviamente mi verrebbe da dire, l’Osorno. Questo vulcano che sorge in Cile ai limiti del P.N. Vicente Perez Rosales è visibile in ogni dove, da Chiloè all’Argentina e diventa un vero e proprio simbolo di una Patagonia senza frontiere. Continuando in direzione della cumbre del cerro Catedral (il nome dalla similitudine alle guglie di una cattedrale) veniamo avvicinati da una famiglia di condor, maschio e femmina col piccolo alle prime lezioni di volo. Si avvicinano talmente tanto che mettono inquietudine, con un’apertura alare che li fanno assomigliare più ad aerei che ad uccelli, col cerchio bianco attorno al collo perfettamente visibile ad eccezione del piccolo visto che solo con la maggior età compare questo segno distintivo. Da questo luogo non si vorrebbe mai venir via, si può approffitare della cafeteria che sorge nei paraggi della funivia, poi scendiamo per raggiungere il Lago Gutierrez passando per una strada malmessa. Da qui altra sosta al Cerro Otto ed infine rientro in hostal dove con Fernando iniziamo a progettare il passaggio verso nord. La Ruta 40 continua fino a Mendoza, ma passato Zapala non ha più mezzi pubblici che la percorrono. La mia idea di voler raggiungere una R.N. vicino a Malargüe stuzzica la curiosità di Fernando, così tra una consultazione in internet, ed una telefonata ad una agenzia specializzata in viaggi all’interno della R.N. Payunia nasce il progetto di 2 giorni in direzione nord. Fernando ci porterà fino a Malargüe passando per i luoghi più emblematici delle regioni Rio Negro e Neuquen lungo la Ruta 40. Solito prezzo a testa al giorno, in più ci chiede di pagargli un po’ di benzina per il ritorno. Ovviamente questo è un colpo di fortuna incredibile, Fernando sta finendo un corso universitario per diventare guida turistica e la possibilità di vedersi luoghi ad oggi poco frenquentati assieme a due matti che si erano già letti un po’ di cose lo attira più del guadagno che ne potrebbe ricavare. Accordatici per il viaggio, per cena gustiamo cucina squisita accompagnata da un tanguero che fa da sottofondo alla serata. Il posto è consigliato dai ragazzi del hostal, sembra di un livello molto alto per noi, ma i prezzi son più bassi che altrove in città.
continua...
Lungo la Carretera Austral - I
Lungo la Carretera Austral - II